di Gabriele Testi
Il drammatico sisma del maggio e giugno 2012, al confine fra tre regioni italiane, ha riacceso i riflettori su un territorio che a lungo era uscito dal perimetro delle discussioni pubbliche,
quasi dimenticato, non fosse altro per l’aura di “periferia dell’impero” che la suddivisione geopolitica della pianura padana gli avevano conferito, mettendo a diretto contatto la Bassa Modenese e Reggiana con l’Oltrepò Mantovano e con il Polesine.
Certo, il ricordo di un eccezionale filosofo umanista come Giovanni Pico, la primazia dal respiro internazionale del distretto biomedicale mirandolese, un successo economico pari al 2 per cento del PIL nazionale e l’ipotesi più che concreta di realizzazione di un’autostrada cispadana fra Reggiolo e Ferrara non avevano totalmente alienato l’interesse della Regione Emilia-Romagna per i comuni e le zone al confine di Lombardia e Veneto, ma purtroppo il rango del territorio sarebbe meritevole di ben altra considerazione.
Se gli abitanti di Concordia sulla Secchia e i cronisti arrivati in Emilia-Romagna un anno e mezzo fa avessero più memoria storica e cognizione della “nobiltà” dell’area che frequentano o frequentavano – la medesima o quasi in cui Matilde di Canossa un millennio prima andò vicinissima a strappare alla Germania la capitale del Sacro Romano Impero per portarla nella Bassa padana – non avrebbero mancato di notare o di ricordare un particolare non trascurabile, un dettaglio “simpatico”…
A differenza della vicina Mirandola, molto più soggetta al controllo modenese una volta assorbita e dominata dagli Estensi a partire dal 1711, Concordia ha conservato pressoché casualmente nel proprio stemma una parentela con il più prospero degliStati appartenenti oggi all’Unione Europea, il Granducato del Lussemburgo. E il tutto a ben otto secoli (leggesi: ottocento anni!) di distanza dai fatti che portarono a questa particolarità…
Il gonfalone e simbolo dell’attuale municipalità di Concordia sulla Secchia, di cui la famiglia di Francesco Pico fu infatti infeudata nel 1311 dall’imperatore Enrico VII di Lussemburgo (il celebre “Arrigo” di Dante Alighieri nella Divina Commedia), riproducente un “fasciato di otto pezzi d’azzurro e d’argento, al leone di rosso attraversante”, è tuttora identico a quasi un millennio di distanza dalla bandiera civile dell’omonimo Granducato, situato al confine tra Francia, Germania e Belgio. Una curiosità storica, la dimostrazione di un’identità europea comune al di là della lingua e delle tradizioni attuali, ma soprattutto la grande opportunità di riattivare legami e rapporti che la storia si è incaricata di rammentare, soprattutto utili nel post-sisma…
Riuscirà la piccola comunità modenese a riproiettarsi sul proscenio dell’Europa centrale con la nobiltà che la contraddistingue, a riattivare un link non soltanto culturale con lo Stato sovrano attualmente retto dal granduca Enrico, peraltro appartenente alla casata emiliana dei Borbone-Parma, in quanto ispirati da una storia comune e da molte possibilità di collaborazione? La parola, naturalmente, spetta ai lussemburghesi e ai concordiesi di oggi e di domani…
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