Le previsioni meteo dei prossimi giorni non faranno la gioia di quanti sono impegnati in operazioni di soccorso nelle zone alluvionate del modenese. Secondo l’osservatorio geofisico del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Universita’ di Modena e Reggio Emilia, sono in arrivo di altre perturbazioni con aria fredda. “Se da un lato possiamo tranquillizzare che non arriva il grande gelo, ma solo un normalissimo inverno – commenta il meteorologo Luca Lombroso- dall’altro dobbiamo registrare a malincuore che pioverà ancora in pianura e che farà anche più freddo”.
Nel dettaglio, sono attese nuove precipitazioni dal pomeriggio di domani, giovedi’ 23, in montagna, con neve inizialmente oltre 1.000-1.300 metri, ma con piogge in estensione alla pianura e nevicate dalla notte verso venerdì anche in collina, oltre i 300-500 metri.
Sempre venerdì si avrà maltempo con piogge diffuse in pianura, a tratti anche battenti, e fitte nevicate in montagna, dove nella zona del crinale si calcola possano cadere 30-50 centimetri di neve. Queste condizioni potrebbero rallentare l’opera dei soccorritori.
Nel fine settimana però il tempo migliorerà: sara’ meno mite di adesso, ma non farà eccessivamente freddo, anche se di notte coi rasserenamenti si scenderà a temperature prossime allo zero. “Sara’ invece da seguire attentamente l’evoluzione successiva- prosegue Lombroso- quando alcune perturbazioni fredde potrebbero portare la neve anche in pianura, situazione pero’ ancora incerta e da confermare”.
Ma cosa è successo dal punto di vista climatico?
L’Osservatorio Geofisico del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ha analizzato la situazione meteo di questi giorni nel modenese, ritrovando analogie con alluvioni del passato e – curiosamente – anche con l’uragano Sandy in Giamaica.
Mai eventi tanto disastrosi si sono storicamente verificati in gennaio.
“La situazione meteorologica responsabile delle precipitazioni alluvionali nel modenese – afferma Luca Lombroso – è quella tipica di altri grandi alluvioni del passato con la presenza di una profonda saccatura di origine nord Atlantica”.
L’inizio della perturbazione che ha determinato i disastri di questi giorni è da far risalire al 17 gennaio, anche se si erano già avuti giorni di tempo perturbato con piogge abbondanti e senza nevicate in montagna, in coincidenza con l’approfondimento della depressione atlantica “Helga” verso la Spagna e l’avvicinarsi di un lungo e intenso sistema frontale, preceduto dal classico flusso meridionale sciroccale ondulato.
Il 18 gennaio, nell’ambito di tale flusso, si è formata una piccola, ma determinante per l’Appennino, depressione secondaria sul Golfo di Genova, con un fronte stazionario ondulato fra Sardegna, Corsica e pianura Padana, caratterizzato da un ramo caldo che interessava l’Appennino il quale, insieme al caldo e umido flusso di scirocco, ha causato precipitazioni piovose e intense fino a quote alte, principalmente convettive per l’accentuazione dell’orografia.
Il giorno 19 gennaio, poi, sulla Spagna si è formato un altro minimo secondario, denominato “Ilona” dal Dipartimento di Meteorologia dell’Università di Berlino, che si è chiuso (cut off in termine tecnico) sulla Sardegna, determinando l’ultima fase di piogge diffuse e intense. Finalmente dal 20 gennaio “Ilona” si è allontanata verso il Medio Adriatico, portando al graduale miglioramento della situazione locale.
Le precipitazioni
Le precipitazioni a Modena città e a Reggio Emilia non sono state particolarmente abbondanti. A Modena – confermano gli strumenti dell’Osservatorio Geofisico universitario – si sono misurati 22.9 mm di pioggia il giorno 19 gennaio e complessivamente, nell’arco dell’intero episodio temporalesco, 44.5 mm fra il 17 e 19 gennaio. Fino al 22 gennaio salgono così a 64.7 mm i millimetri di pioggia caduti durante il mese, “una quantità – fa notare Luca Lombroso – già superiore alla media mensile (33.1 mm nel periodo 1981-2010), ma non certo straordinaria, poiché lo scorso anno nello steso periodo arrivammo a raccogliere 84.6 mm di pioggia. Tuttavia, è inconsueto per la stagione il temporale osservato nella serata di sabato, con tuoni e fulmini durante un forte rovescio di pioggia come se fosse il mese di agosto”.
Le statistiche sui temporali sono scarne e incomplete, ma sono – a detta degli esperti – un fatto veramente raro e inusuale per il mese di gennaio. A Modena, scorrendo gli Annali storici dell’Osservatorio Geofisico universitario, che ne tiene conto dal 1830, se ne trova testimonianza solo 9 volte nel periodo 1876-2005.
A Reggio Emilia la nuova stazione meteorologica ha registrato 54.8 mm in tre giorni con un massimo di 29.7 mm il giorno 18 gennaio. Anche a Reggio si è osservato, nella serata di sabato 18 gennaio, un forte ed inconsueto – per l’inverno – temporale.
“Se le piogge nelle città – avverte il metereologo Luca Lombroso – non giustificano la grossa piena e la conseguente dannosa alluvione, quelle dell’Appennino invece risultano particolarmente abbondanti e straordinarie, ancor più se consideriamo che coincidono col mese di gennaio. Questo a causa della conformazione sinottica, che accentua le precipitazioni sui crinali appenninici per il sollevamento orografico forzato dei flussi perturbati meridionali, i quali erano già carichi di umidità raccolta nel lungo viaggio dello scirocco sul Mediterraneo”.
A ciò – altro fatto decisamente inconsueto per il mese di gennaio – ha contribuito come fattore determinante l’innalzamento dello zero termico, per cui la quota delle nevicate si è sempre mantenuta alta, con neve solo sulle cime più alte dell’Appennino. “Se le sciroccate e la pioggia in gennaio per il nostro Appennino non sono un fatto nuovo, specie negli ultimi anni, quello che colpisce – dice Luca Lombroso – è il perdurare a lungo del flusso da scirocco”.
L’Osservatorio Geofisico universitario non dispone di proprie stazioni in Appennino, ma dai dati di stazioni di altre reti, cui è collegato (rete volontaria ASMER ER e stazioni ARPA ER SIM), emerge chiaro quanto sono state abbondanti e straordinarie le piogge. Per esempio a Civago di Villa Minozzo (RE) nel bacino del Secchia (Rete ARPA ER) si sono registrati 163.6 mm il giorno 18 gennaio, 396.2 mm nei tre giorni dal 17 al 19 gennaio, e ben 536.2 mm in 7 giorni, che portano il totale da inizio gennaio a 663.0 mm. “Tanto per dare un’idea, nell’alto bacino del Secchia – fa presente Luca Lombroso – è piovuto in 20 giorni quanto piove a Modena in un anno normale!”.
Da un primo ed affrettato confronto con le grandi alluvioni storiche apparirebbe evidente come le precipitazioni dei giorni scorsi siano paragonabili, o perfino superiori, a quelle di alluvioni del passato, e in particolare del 1966, 1972 e 1973. Al riguardo può essere utile ricordare che in cinque giorni, fra il 3 e 7 novembre 1966, a Piandelagotti di Frassinoro (MO) scesero 276.2 mm di pioggia, un valore poco inferiore a quello che si è raccolto dal 13 al 18 gennaio 2014. A Ligonchio, per quanto riguarda l’Appennino reggiano, le precipitazioni furono pari a 259.0 mm in tre giorni con un massimo giornaliero di 140.0 mm nel novembre 1966 e di 371.0 mm in otto giorni nell’episodio del settembre 1972.
“Dunque, ad un primo affrettato esame, le piogge all’origine del recente episodio alluvionale in Emilia – commenta Luca Lombroso – risultano effettivamente straordinarie, tanto più per il mese di gennaio, un mese in cui in passato, andando a memoria e consultando le fonti a disposizione, non risultano segnalati eventi alluvionali, almeno di questa entità, per ciò che si riferisce al fiume Secchia”.
Si aggiunga una curiosità: l’intensità delle piogge in Appennino di questi giorni – fanno sapere dall’Osservatorio Geofisico universitario di Modena – sono simili a quelle registrate durante l’attraversamento dell’uragano Sandy in Giamaica!
La considerazione è suffragata dal fatto che nella stazione di ST Penlyne Castle (rete NESA) furono misurati 449.4 mm di precipitazioni in tre giorni … all’incirca come la quantità raccolta al Passo del Cerreto (fonte: report SMI Nimbus), dove ne sono scesi 434.4 mm. “Va però detto chiaro – si affretta a precisare Luca Lombroso – che il nostro episodio non è ascrivibile a un uragano ma a un classico, sia pure intenso, ciclone extratropicale delle medie latitudini”.
Alluvione, cambiamenti climatici ed eventi estremi
Come sempre è difficile imputare un evento atmosferico direttamente ai cambiamenti climatici. “E’ comunque indubbio – riflette il metereologo dell’Osservatorio Geofisico universitario di Modena Luca Lombroso – che questo evento è sicuramente in linea con gli scenari dei cambiamenti climatici sia per quanto riguarda l’aumento degli eventi estremi che per quanto riguarda l’aumento delle temperature globali e indirettamente locali”.
In particolare il mese di gennaio a Modena coi suoi 7.2° C di una temperatura media calcolati al 22 gennaio è sostanzialmente in linea con il gennaio 2007 (7.0°C) ed è statisticamente – all’attualità – il più caldo da almeno 183 anni a questa parte.
“Azzardando, posso affermare – dice Luca Lombroso – che in un clima che seguisse l’andamento normale del periodo, con precipitazioni nevose, l’alluvione non si sarebbe verificata. E d’altronde l’evento preoccupa perché se si ripetesse una simile situazione in autunno, stagione tipica delle grandi alluvioni, le piogge potrebbero essere ancora più intense. E’ dunque tassativo agire per mitigare i cambiamenti climatici. Non possiamo più aspettare!”.