Perché il ponte dell’Uccellino si chiama così? Il nome venne dato al passo sul fiume Secchia all’inizio del Novecento e deriva dal nomignolo “uslèin” di uno degli ultimi passatori, Guido Cavalcanti, per la sua corporatura minuta. Quando, nel secondo dopoguerra, il traghetto fu sostituito dal ponte di barche, il nome rimase. Questa è solo una delle molte scoperte che si possono fare sfogliando “Attraverso il fiume”, libro che, si legge in una nota della Provincia, propone non solo le descrizioni dei ponti ma anche aneddoti, brani di articoli, documenti e lettere ne fanno rivivere la storia.
Sempre il ponte dell’Uccellino è protagonista nel 1973 di un affondamento simulato, per il film “Libera, amore mio” di Mauro Bolognini, che ha rischiato di diventare reale per un’esplosione calcolata male dai tecnici che distrusse alcune delle barche.
Dal libro si scopre che il più antico ponte provinciale ancora intatto, anche se non più in uso, è l’elegante ponte di Olina sul torrente Scoltenna, costruito nel 1522. Il più recente è ancora in fase di costruzione e non è su un fiume ma su una frana, quella di Valoria a Frassinoro: sarà un viadotto di 160 metri a campata unica per il quale saranno utilizzate 820 tonnellate di acciaio e che si potrà sollevare velocemente per evitare l’eventuale urto con il terreno in movimento.
Ci sono ponti che sono stati teatro di feroci battaglie, come quello della Fossalta sul Tiepido che nel 1249 vide il sanguinoso scontro tra modenesi e bolognesi, che si concluse con la vittoria di questi ultimi e la cattura di re Enzo.
Ponti così importanti da dare il nome alla località in cui sono situati invece di riceverlo, come il ponte Modino, sul torrente Tagliole a Pievepelago, costruito nel 1780 sulla via Giardini e considerato una delle opere più ragguardevoli, forse la maggiore, della grande strada ducale.
C’è il ponte Chiozzo, sul Panaro, che vanta il record delle ricostruzioni, tre in un solo secolo, l’ultima nel 1998. E il ponte della Barleda, a Casona di Marano, una struttura Bailey di metallo, che solo nel 1986 ha tolto dall’isolamento gli abitanti della “riva sbagliata” del fiume. Fino a quel momento chi non voleva fare tutto il giro della montagna, ha attraversato legandosi con una corda e una carrucola a un cavo metallico tirato tra le due sponde.