Non c’è nessuno che si mette a “provocare terremoti” al Cavone come ha scritto qualche giornale, semplicemente da domani partono le prove di iniettività sul pozzo di reiniezione Cavone 14, nell’area di Mirandola, nell’ambito della sperimentazione voluta dopo la pubblicazione del rapporto Ichese che non esclude siano possibili correlazioni tra le trivellazioni che da anni vengono fatte nell’area e il terribile terremoto che nel 2012 ha sconvolto la Bassa.
Dal primo maggio l’attività che da diversi decenni si svolge al Cavone ha cambiato obiettivo, perchè si sta effettuando un controllo e un monitoraggio di quanto accade sotto terra, i cui risultati vengono riportati sul sito apposito. Su labcavone.it , attraverso dati INGV e delle stazioni di monitoraggio locali c’è una mappa della Bassa su cui sono visualizzati entro le ventiquattrore i dati relativi alla sismicità di tutta la bassa modenese e per una più vasta area di circa 8.000 chilometri quadrati. Il fatto che ci sia questa discrasia di 24 ore nella pubblicazione dei risultati è una dei punti di scarsa trasparenza denunciati dai comitati che (leggi l’articolo) avrebbero preferito ad esempio che i dati venissero forniti automaticamente in diretta.
Il Programma prove del laboratorio Cavone, prevede che da domani, dalla quarta settimana di maggio si esegua una prova di iniettività sul pozzo di reiniezione Cavone 14, e lo svolgimento di questa attività prevede un periodo di reiniezione di acqua di giacimento, quelle acque di lavorazione che contengono olio, metalli pesanti e elementi chimici (cosa esattamente è un’altra delle domande poste da comitati). Dopo l’iniettività segue un periodo di fermata della reiniezione stessa nel corso del quale verrà monitorato e registrato l’andamento della pressione e anche la presenza di eventuale micro sismicità sotterranea.
Si fanno, insomma, delle prove di strato: si calano in fondo al pozzo Cavone 14 dei sensori di pressione, e si mantiene costante la quantità di fluido iniettata o estratta fino ad avere una stabilizzazione della pressione in fondo al pozzo. Quando i tecnici arrivano ad un regime stazionario di portata e pressione, variano la portata, portandola ad un nuovo regime costante e guardando come varia la pressione. Trasportati i dati di tempo e di pressione su un grafico, si riescono ad avere informazioni sulla dimensione del serbatoio e sui punti di eventuale vibrazione.
L’obiettivo, infatti, non è portare a rottura la roccia, ma trovare le dimensioni del giacimento, per vedere la sua influenza arrivi o no fino all’ipocentro del primo terremoto.
“In pratica al Cavone continuano ad operare come prima – spiega il geologo dell’ateneo di Bologna Gilberto Bonaga – solo che hanno degli strumenti in pozzo per registrare dei parametri in più, parametri che permettono di vedere se effettivamente le variazioni di pressione del giacimento possono essere arrivate ad avere influenza a 20 km di distanza (il che io lo dubito per motivi geometrici, la pressione che si genera in un punto diminuisce col cubo della distanza dal punto di iniezione, a 20 km sarebbe diminuita di 20x20x20 8000 volte, rispetto a quella che c’e’ ad un km dal punto di iniezione, a meno di cose strane, strampalate ed improbabili, che salterebbero fuori, se ci fossero, con le prove in atto)”
Gli fa eco Marco Mucciarelli, del Centro Ricerche Sismologiche dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale (OGS):
- Non è stato fatto nessun nuovo sondaggio, è stato installato un sensore di pressione in fondo ad un pozzo già esistente;
- Le prove servono a vedere se i vari settori del giacimento Cavone sono isolati o sono in comunicazione tra di loro;
- Queste sono le prove richieste dalla commissione Ichese per capire se il “non si può escludere che” diventa un “è probabile” oppure un “si può escludere che”;
- Certi titoli di giornale sono un pessimo esempio di come si speculi sulle ansie della gente per attrarre attenzione e vendere copie, infatti le prove non sono fatte per generare terremoti ma per studiare variazioni della pressione di poro in diverse condizioni di funzionamento dell’impianto.
Certo, più chiarezza e trasparenza sarebbe utile,i dubbi e le paure sono tante. Riassume i quesiti aperti su una pagina Facebook il professor Franco Ortolani:
“Chi è al corrente in tempo reale di quello che si intende fare nel sottosuolo del giacimento Cavone di Mirandola?
Chi informa i cittadini?
Eventuali danni chi li pagherebbe?
Da parte dei responsabili delle Istituzioni pubbliche occorre molto buon senso e responsabilità, quella responsabilità che non ha primeggiato quando in febbraio è stato secretato il rapporto ICHESE”