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Terremotati, da agosto via dai Map: per andare dove? Non si sa

da | Lug 2, 2014 | In Primo Piano, San Felice sul Panaro, Ricostruzione, speciale terremoto, Ultime news | 0 commenti

“Il 31 agosto dobbiamo essere fuori di qui“. Non c’è un documento ufficiale, nè una comunicazione istituzionale, ma tutti, qui nei Moduli Abitativi Provvisori di San Felice sul Panaro, lo ripetono come un mantra: “Il 31 agosto dobbiamo essere fuori di qui“. Convinzione diffusa tra l’ottantina di persone che ancora vive in questi container da quando, qualche settimana fa, è stata tolta dal campo la struttura che ospitava i Servizi Sociali (leggi l’articolo).

Doveva essere una buona notizia, segnale di ritorno alla normalità dopo due lunghi anni fuori casa, tra alberghi, tendopoli, strutture provvisorie, il freddo, il gelo, il caldo, l’afa, gli spifferi, la pioggia che si infiltra dal tetto e bisogna cambiare i pannelli e il pavimento che pare abbassarsi di mese in mese (che fondamenta ci sono qui?).

Ma non è così nel mondo sbagliato dei terremotati della Bassa, non viene presa come una buona notizia l’addio ai Map.
Perchè una risposta al “Dove andiamo?”, al momento, nessuno l’ha data.

Sappiamo che il Comune cerca alloggi da dare a chi ha casa inagibile (leggi) ma al momento i conti non si possono fare.

A meno che non i conti non si facciano sul contributo di autonoma sistemazione casa (CAS): 200 euro a persona date per l’affitto, e ci sono famiglie con tanti figli che tirano su assegni da tanti zeri, e coppie di pensionati che 400 euro al mese, una casa decente è difficile trovarla. Perchè CAS, con quella A di Autonomo, vuol dire che ti devi arrangiar da te a cercare e trovare e contrattare casa, se non era chiaro.

Insomma, ansia e preoccupazioni sul destino non mancano tra i reietti del terremoto, e per non pensarci si fanno altri conti: “Siamo costati, secondo i nostri numeri, 80 mila euro a cranio! Ci potevano mettere in albergo, no?”, mentre si zappettano i prati per risparmiare un po’ sull’insalata e i pomodori.

E intanto l’Enel conta implacabile: cento, cento, cento e cento e mille euro di bolletta per far funzionare tutto, in questi container che succhiano elettricità anche per scaricare il cesso! Si deve capire persino questo: “Regione! Che facciamo con queste bollette scandalose (alcuni risultano come seconda casa…) da pagare?“.

Nessuna risposta da Bologna, per ora, e neanche da qui dietro, dal Comune.

E intanto le insalate crescono innaffiate dai residui dei costosissimi condizionatori…

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