Un ricatto in stile mafioso da parte di organizzazioni criminali: è l’ipotesi che, secondo quanto paventa il Corriere della Sera, potrebbe spiegare il complesso furto che ha visto portare via la tela del Guercino da una chiesa modenese a due passi dal Tribunale. Un precedente del genere, del resto, a Modena – terra dove peraltro le varie mafie italiane sono insediate ormai stabilmente – c’è già, quel il furto commissionato da Felice Maniero alla Galleria civica: “riuscì a far rubare quattro opere dalla Galleria civica di Modena, tra cui il ritratto di Francesco I del Velasquez e dipinti del Correggio. E – ricorda il Corriere della Sera – fu sempre lui a farle ritrovare, come decise con la veneratissima mandibola di sant’Antonio, trafugata dai suoi uomini nella basilica a Padova. C’era sempre un ricatto di mezzo (lo spiegò lo stesso Maniero al Messaggero di sant’Antonio nel settembre 2011): la liberazione di suo cugino Giulio e la fine della sorveglianza per lui”.
E il Guercino, adesso? “Troppo grande,per poter pensare a un furtarello compiuto da quattro balordi. Troppo scenografico e pieno di insidie il teatro dell’operazione, una chiesa nel cuore di Modena e a due passi dal tribunale e dalla Procura”. Per questo – prosegue ancora il Corriere – “il ratto della Madonna con i Santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo riporta il pensiero a tante tragedie che hanno impoverito il nostro patrimonio storico-artistico”, dalla scomparsa della Natività del Caravaggio nel 1969 da Palermo, all’attentato di via dei Georgofili a Firenze del 1993 e ancora le bombe romane davanti a San Giovanni e San Giorgio al Velabro.
“L’arte italiana – chiude il Corriere – è un’ eccellente (e mediaticamente sensibile) materia per mille, possibili ricatti. E il grande, splendido Guercino potrebbe trasformarsi nella preziosa pedina di chissà quale turpe, terribile, oscuro gioco criminale”.