Il corpicino di Zackaria, – oh, piccolo angelo volato in cielo troppo presto – nel fosso sembrava ancora più piccolo di quello che realmente era. Raggomitolato su stesso e coperto da una mano pietosa che ha portato qui un asciugamano, non rivelava nulla di quel vivace e allegro bambino che era fino a pochi momenti fa. Ovvero, prima che un’auto lo investisse travolgendo di punta la sua biciclettina e scagliando il bambino giù nel fosso, dove è morto sul colpo.
Era da poco tramontato il sole, ma la visibilità era già scarsa in quel tratto di strada – la provinciale 468 – che troppe tragedie ha già visto in passato. Quella di ieri è l’ennesima, forse prevedibile dice chi la frequenta e ogni giorno vede stuoli di bambini a piedi e in bici che raggiungono la fermata del bus, a ogni ora pedoni che fanno rientro a casa con un passaggio e compiono qualche metro di strada per entrare nell’area della periferia più periferia di Finale Emilia che si chiama Salde Entrà.
Brutta strada, quella già ribattezzata Strada della Morte: niente illuminazione, niente slarghi, canale da un lato e canale dall’altro, strada su cui ti viene voglia di correre perchè stai tornando a casa o ti affretti al lavoro, asse viario usatissimo nella Bassa per chi si muove tra San Felice sul Panaro e Finale Emilia.
Anche Zackaria era su quella strada ieri sera, anche lui si affretta verso casa perchè col tramonto si rientra sennò la mamma borbotta, e il sole era scomparso da diversi minuti ormai.
Pedalava veloce Zackaria, pedalava senza pensare a niente, correva e aveva fretta su quel suo minuscolo biciclino rosso e giallo. Pedalava e ora era quasi arrivato, la vedeva già la sua casa: pochi metri ancora e sarebbe arrivato e speriamo la mamma non borbotti.
Non sapeva, Zackaria, che poco lontano da lui stava sopraggiungendo da dietro un’automobile. Non sapeva che proprio quell’auto, quella Renault Scenic che ora ha il muso accartocciato sulla biciclina rossa e gialla, proprio quell’auto gli avrebbe mangiato la vita.
E’ stato un attimo: un tonfo, una frenata stridula e Zackaria vola, vola verso il terreno, sbatte la testa, muore sul colpo.
E’ un attimo che dalla case vicine escano le persone, un attimo che la notizia arrivi a casa di Zackaria, un attimo che la vita della sua famiglia sia spezzata per sempre in un dolore che è impossibile superare.
Sulla provinciale si forma presto un capannello di auto costrette a fermarsi perchè la strada viene bloccata per i rilievi e non si potranno muovere fino alle 10 di sera. Decine di persone vedono quell’asciugamano che nasconde pietoso il bambino, decine di persone vedono quella tendina colorata che rallegra la Scenic assassina, simbolo della presenza di un piccolo anche lì.
Un attimo che ruba l’anima, che rovina per sempre – in modo diverso, ma ugualmente ineluttabile – due famiglie: quella della vittima e quella del guidatore.