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Il rendiconto finanziario nelle PMI – 1° parte

da | Mag 13, 2015 | Editoriale | 0 commenti

L’AFFIDABILITA’ DELLE IMPRESE

Alcuni anni fa abbiamo imparato una parola nuova che si è infidamente insediata nei nostri sogni per diversi mesi: il rating. I principali organi di informazione nazionali ci aggiornavano quasi quotidianamente in merito al rating che le agenzie americane attribuivano al nostro governo. Standard & Poor’s, che alcuni nostri politici avevano scambiato per una nota azienda milanese del settore idrosanitari e rubinetteria, era diventata una sorta di moderno Savonarola, a ricordarci che le “cose” nel nostro Paese non andavano bene.

“Ricordati che devi morire”, ammoniva il predicatore. “Mò, mo segno”, rispondeva Massimo Troisi nel film “Non ci resta che piangere”. In effetti, le agenzie di rating ci ammoniscono, il Governo prende nota, e a noi “popolino” non ci resta che piangere. Tutto fila.

Di rating, in realtà, i nostri imprenditori, ne hanno sentito parlare qualche volta in banca.

Gli accordi di Basilea

Nel 2008, infatti, a Basilea, viene applicato in tutta Europa un “Sistema”, per garantire maggiore solidità ed efficienza al sistema bancario a livello internazionale.

Gli accordi di Basilea corrispondono ad un insieme articolato di provvedimenti di riforma, predisposto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria al fine di rafforzare la regolamentazione, la vigilanza e la gestione del rischio del settore bancario.

Tali provvedimenti mirano a: 1.  migliorare la capacità del settore bancario di assorbire shock derivanti da tensioni economiche e finanziarie, indipendentemente dalla loro origine; 2. migliorare la gestione del rischio e la governance; 3. rafforzare la trasparenza e l’informativa delle banche.

In termini generali, mentre il primo Accordo di Basilea prevedeva requisiti patrimoniali uguali per qualunque prestito, il nuovo Basilea 3 prevede la possibilità di valutare più approfonditamente il rischio di un singolo prestito e quindi di differenziare gli accantonamenti patrimoniali in funzione della “rischiosità”.

Le imprese, di conseguenza, devono essere in grado di presentare alle banche report di performance che evidenzino equilibrio economico/finanziario e capacità di sostenere situazioni critiche.

Le finanziarie valutano il rating aziendale

Il rating è un giudizio che esprime l’affidabilità di un’impresa, e più precisamente la sua capacità di ripagare un prestito in un determinato periodo di tempo. Si tratta quindi di una valutazione sintetica del suo profilo di rischio di credito.

I fattori di rischio analizzati sono, in estrema sintesi: probabilità di insolvenza del debitore (probability of default – PD); perdita attesa in caso di insolvenza (loss given default – LGD); esposizione bancaria al momento dell’insolvenza (exposure at default – EAD); vita residua del debito (maturity – M).

Il requisito patrimoniale, o accantonamento di capitale, che la banca deve detenere a copertura del rischio di credito è in funzione dei quattro fattori di rischio sopra elencati (PD, LGD, EAD, M).

All’aumentare/diminuire della probabilità di insolvenza del debitore (PD), della vita residua del debito (M), dell’esposizione al momento di insolvenza (EAD) e della perdita attesa nel caso di insolvenza (LGD) aumenta/diminuisce il requisito patrimoniale della banca.

La valutazione dei 4 fattori di rischio, assieme al Costo della perdita attesa (Expected Loss – EL) ed al Costo della perdita inattesa (Unexpected Loss – UL) determina il costo di un finanziamento.

Il rating attribuito è il frutto di un processo di valutazione che si conclude con l’assegnazione dell’impresa ad una determinata classe di merito.

Ciascuna classe comprende tutte le imprese che vengono considerate equivalenti in termini di probabilità di rimborso del prestito: a ciascuna classe corrisponde un livello di rischio omogeneo.

Le banche, però quali dati e quali informazioni analizzano ? La risposta alla 2° parte dell’articolo che uscirà, probabilmente, tra due settimane.

Andrea Lodi (redazione.economia@sulpanaro.net)

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