Tra poche ore, alle 4.04 del 20 maggio, saranno tre anni dalla prima scossa che sfregiò la Bassa, distruggendone il patrimonio culturale e polverizzando, letteralmente, gran parte delle principali bellezze architettoniche della nostra terra. E così ormai ci siamo abituati a puntelli, rovine, macerie, a skyline in cui le gru hanno sostituito le torri, ai teloni che ricoprono rocche e castelli, chiese e palazzi. Quelli rimasti, almeno.
Tre anni e un giorno fa, all’alba del 19 maggio 2012, era la Bassa di prima, la Bassa di sempre. Laboriosa e lagnosa, sazia e criticona, insofferente e ignara di ciò che le stava per accadere. Quella che nei suoi centri storici, uno più bello dell’altro, in fondo passava con distacco, di fretta e senza magari nemmeno alzare lo sguardo perché insomma, sai che novità, una rocca qui e un campanile là, son lì da centinaia e centinaia di anni. La consideravamo normalità, qualcosa di acquisito, immutabile. E la normalità, per definizione, non fa specie.
Eravamo abituati al bello, senza rendercene conto. Tre anni e un giorno fa.
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