Diventa un caso nazionale quello che ha visto protagonista una bancaria del Credem di Mirandola e i suoi malcapitati clienti della Bassa. La vicenda viene raccontata da Nicola Borzi sul Sole 24 ore dopo che era stata denunciata dalla Gazzetta di Modena.
“Mirandola, grosso centro della Bassa Modenese: Padania profonda, a cavallo tra radici agricole e sviluppo industriale. Fine ottobre scorso. Un imprenditore della zona, grande cliente da anni del Credito Emiliano, si reca come sempre nella filiale di Piazza della Costituente al civico 58 per parlare con l’addetta private della sua posizione. Negli anni – si legge sul quotidiano rosa – ha investito risparmi per alcuni milioni e, sempre negli anni, i rendimenti ottenuti, secondo le comunicazioni e la documentazione che ha in mano, hanno aumentato considerevolmente la cifra. Ora intende disinvestire parte della propria posizione per realizzare altre operazioni. Ne parla con la dipendente che lo segue da anni e che si è meritata la sua fiducia – e quella di altre decine di clienti importanti –. La bancaria lo rassicura. Il cliente se ne va e attende per giorni l’esito del disinvestimento, ma non ottiene riscontro. Alla fine, non riuscendo a mettersi più in contatto con la sua referente, torna in filiale e fa un’amarissima scoperta. La dipendente non c’è più e non c’è più, anzi forse non c’è mai stato, nemmeno il denaro che il cliente credeva di avere accumulato negli anni a furia di rendimenti stratosferici realizzati dai suoi “investimenti”
Giallo sul numero dei clienti e il patrimonio coinvolto
Sembra l’inizio di un giallo e lo è. Come raccontato da alcuni giorni dalla stampa locale del Modenese, a Mirandola ma anche in altri comuni della zona in cui dalla seconda metà degli anni ’90 ha operato la bancaria “scomparsa”, è scattato ormai il panico tra decine e decine di clienti che avevano affidato all’operatrice private del Credem i loro cospicui risparmi. Alcune fonti ben introdotte parlano del coinvolgimento di almeno un’ottantina di nuclei familiari della zona, perlopiù di imprenditori, che avevano fatto gestire da alcuni anni una somma complessiva di circa 100 milioni di euro. La banca, di cui riportiamo la posizione ufficiale in seguito, smentisce queste cifre e indica situazioni assai inferiori. Ma tra i clienti privateormai è corsa a verificare la propria posizione e fioccano le stesse amare sorprese dell’imprenditore di cui parlavamo. I clienti erano in capo anche ad altre filiali oltre a quelle di Mirandola e di Concordia sulla Secchia: si parla di clienti provenienti dai territori di Cavezzo, Finale, Soliera, ma ci sono clienti che sono arrivati a Mirandola anche da Modena.
Un meccanismo in azione per quasi vent’anni
La “bancaria dei miracoli” lavorava al Credem da quasi vent’anni, sempre nel Modenese. Prima nella filiale di Concordia sulla Secchia, poi, dopo un breve passaggio nell’agenzia di Soliera, da un quinquennio circa era stata trasferita in quella di Mirandola. Esperta di gestioni patrimoniali – taglio minimo degli investimenti da 100mila euro – si era costruita una tentacolare rete di relazioni tra nuclei familiari grazie alla fiducia che sapeva ispirare ai clienti. Aveva con molti di essi un rapporto particolarmente familiare, in alcuni casi persino confidenziale, tanto da riuscire negli anni a convincere alcuni clienti a metterle persino a disposizione le chiavi delle loro seconde case di vacanza o a consigliarsi con lei per questioni familiari. Il motivo di tanta popolarità è presto detto: la signora millantava la capacità di ottenere rendimenti annui a doppia cifra dai patrimoni posti a sua disposizione, anche in anni nei quali prima le borse, poi le obbligazioni, poi i titoli di Stato, poi le materie prime avevano mostrato performance deludenti. Il passaparola in zona girava tra i clienti, fuorché – forse – nel Credem, e i clienti facevano così la coda per rivolgersi alla professionista. Era un segreto non molto custodito, quello della “bancaria dei miracoli”, tanto che altri bancari della zona raccontano che talvolta i clienti arrivavano persino a imputare a loro, dipendenti dello stesso istituto o di altri, di non riuscire a raggiungere le performance della bancaria di Mirandola. I clienti venivano indotti a reinvestire al Credem somme provenienti da altri istituti. Per non “lasciare mai soli” i propri clienti, la bancaria avrebbe goduto di un permesso di maternità durato una sola settimana e si portava il computer anche in ferie. Un comportamento che le era valso molte lodi e che ora viene letto in tutt’altra luce.
Doppia contabilità, documenti falsificati con lo scanner
Da ottobre, così, si è iniziato a spargere prima lentamente e poi sempre più velocemente iltam tam della paura. La bancaria è scomparsa: chi la dà ricoverata in un ospedale, chi sospesa, chi parla addirittura di un tentativo di suicidio. La coda allo sportello di Mirandola è ripresa ma stavolta è di segno diametralmente opposto: man mano che la voce ha iniziato a girare, i risparmiatori sono andati a Mirandola per capire cosa stava succedendo. Il quadro che è emerso è quello classico di queste situazioni: fonti vicine alla vicenda riferiscono che l’esame della documentazione di alcune posizioni che risalgono al ’98 mostra manipolazioni evidenti, realizzate con scanner e altri strumenti digitali, cosicché la documentazione ufficiale del Credem attesta operazioni e rendimenti differenti da quella in mano ai clienti. Come è possibile che questi non ne abbiamo avuto conoscenza per così tanti anni? Semplice: la “bancaria dei miracoli” sconsigliava ai clienti di aprire conti online, «perché c’è un costo aggiuntivo». Lei stessa provvedeva a “consegnare a domicilio” una volta al mese la “documentazione” ai clienti. Clienti ai quali, in parecchi casi, avrebbe fatto firmare un’autorizzazione a trattenere la documentazione postale della banca sulle singole posizioni in una casella postale situata all’interno della filiale, invece che a farsela trasmettere a domicilio. La “bancaria dei miracoli” avrebbe avuto una copia delle chiavi della cassetta, l’altra la lasciava ai clienti. Andava a trovare la clientela a casa, lei che non era promotrice, e avrebbe consegnato in questo modo documenti alterati e contraffatti per anni, simulando rendimenti e portafogli inesistenti che confliggono con la documentazione ufficiale in mano all’istituto, venuta a galla solo quando la vicenda è esplosa.
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La posizione ufficiale del Credito Emiliano
“La vicenda è circoscritta a 15 clienti i cui mancati guadagni contestati, sono in generale, irrealistici per la natura e la sostanza degli investimenti effettuati. Si tratta di clienti della zona di Mirandola di cui cinque allo stato hanno avanzato formale reclamo. Essi contestano una presunta difforme rendicontazione da parte di un dipendente su “extra rendimenti” delle posizioni, rispetto alla documentazione ufficiale della banca. Il contraddittorio con tali clienti è pertanto circoscritto a presunti “rendimenti” maturati sugli asset che non trovano peraltro riscontro nei guadagni espressi dai titoli detenuti nelle relative polizze. L’analisi sino a oggi effettuata non ha portato all’emersione di fenomeni di appropriazione indebita. Nessuna irregolarità è stata riscontrata inoltre per tutti gli altri clienti, già incontrati dalla banca, che erano seguiti dal dipendente. L’auditing interno della banca sta ricostruendo l’intera vicenda, anche al fine di darne piena informativa all’autorità giudiziaria affinchè vengano appurate tutte le eventuali responsabilità, essendo precisa volontà dell’istituto, anche quale soggetto danneggiato, di fare piena luce sull’accaduto”, fanno sapere dal Credito Emiliano.
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