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Fini e Conserve della Nonna, una visita allo stabilimento di Ravarino

da | Apr 19, 2016 | In Primo Piano, Ravarino, Ricostruzione | 0 commenti

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Fini-Ravarino-ModenaAbbiamo visitato lo stabilimento di Ravarino dove si è da poco trasferita la linea produttiva dell’azienda alimentare Fini, che è stata realizzata accanto alla sede di Conserve della Nonna, altra azienda del gruppo Paladin Capital Partners group spa. Si arriva dalla Bassa superando prima Camposanto poi Ravarino, ci fermiamo alla rotonda per farci rassicurare che siamo sulla strada giusta e chi dicono di sì, di proseguire ancora per qualche metro che vedremo il cartello  Fini -Conserve della Nonna che “Finalmente l’hanno messo”.

Già, perchè è da pochi mesi che il nuovo sito produttivo Fini è pienamente operativo, il rodaggio è durato un annetto e da settembre 2015 si è a pieno regime. “Spostare qui gran parte della produzione di pasta fresca è costato 6 milioni

L'a.d Andrea Ghia

L’a.d Andrea Ghia

e mezzo di euro, cui è stato aggiunto un milione di euro come contributi per la ricostruzione post sisma”, spiega l’amministratore delegato Andrea Ghia.

Iniziamo il tour dell’azienda assieme a un gruppo di altri giornalisti e dopo esserci coperti con tute e mascherine per non inquinare l’aria dello stabilimento con i nostri batteri entriamo subito dove si va a comporre il ripieno del paste fresche. Ci accolgono delle enormi mortadelle che saranno sminuzzate e mischiate con prosciutto e formaggio. Vediamo i macchinari che “tirano” la sfoglia e vediamo uscire i tortellini belli e pronti alla velocità della luce. Si passa alla zona dove vengono pastorizzati –  procedura che serve a mantenerli buoni anche per 20 giorni, visto che sono prodotti senza conservanti – e dopo a quella dove vengono impacchettati e successivamente inscatolati. Poco più in là, si stanno facendo i ravioli, con macchinari diversi perchè hanno un ripieno più morbido rispetto a quello del tortellino (oggi ad esempio si facevano quelli ai funghi e provolone). Cosa tira di più tra i consumatori italiani? Il tortellino classico. E tra gli stranieri? Il raviolo formaggio e basilico e i tortellini con il pesto. Nel ripieno.

Si cambia zona, cambiamo equipaggiamento per non portarci dietro i residui di uova e farina in uno stabilimento che garantisce di essere scevro e andiamo a vedere come nascono le Conserve della Nonna. L’idea è rifare a livello industriale la procedura usata nelle cucine degli italiani. Qui ad esempio per il soffritto non si usano composti industriali, ma si acquistano carote, cipolle e sedano interi e freschi. Stessa cosa per i pomodori, che provengono tutti dall’Italia, e per quasi tutta la frutta e la verdura che viene messa sotto vetro, Con due eccezioni: le albicocche, che provengono da coltivazioni Igp dall’Ungheria (“perchè sono più dolci e saporite delle nettarine nostrane, che non sono l’ideale per la marmellata”, ci spiegano dall’azienda) e i ceci che vengono dal Messico, perchè in Italia non si producono volumi sufficienti per avere una adeguato approvvigionamento.

Ci raccontano tante cose interessanti: ad esempio che qui è stato bandito già da un po’ l’olio di palma che preoccupa tante mamme italiane. E che per scoprire se nelle conserve ci sono vetri, pietre (soprattutto nei legumi) ossa (nei ragù) e pallini di piombo (nelle conserve di cacciagione) si usano due macchinari ai raggi X. Più difficile scoprire eventuali residui plastica: si ovvia introducendo plastiche che avvolgono gli alimenti dei fornitori tutte rigorosamente blu, che aiuta il controllo visivo. Scopriamo  anche perchè nessuno fa le cipolline sott’olio. Per una questione di Ph di questa verdura occorre per forza passarle prima sotto aceto. Idem vale, ad esempio, per il cavolo.

Finiamo la visita ai due stabilimenti e c’è il momento dell’assaggio: le Conserve delle Nonna gioca con i patè di asparagi, carciofi, funghi e tartufo e la crema di peperoni (elencati in ordine di gradimento personale), mentre Fini sforna ravioli alle erbette conditi con olio aromatico, tortellini coi pomodorini e i tortellini con crema di Parmigiano, balsamico e mandorle (in questo caso non c’è stata gara, il classico vince sempre). Ci rivelano il loro grande cruccio: fuori dall’Emilia nessuno mangia pasta ripiena in estate, dopo Pasqua crollano le vendite. E visto che nel resto d’Italia è altamente improbabile convincere le mamme a mettere su il brodo in agosto, partirà una campagna di comunicazione per spiegare che il tortellino… si può cuocere anche in padella, basta metterci un bicchiere d’acqua e far andare, coperto, per qualche minuto.

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