Nel 1936 Jesse Owens frantuma 4 record mondiali mentre in Europa il delirio nazista dilaga. Ma siamo sicuri che negli Usa fosse tanto diverso? Buona lettura.
La trama
1936. In un clima internazionale teso a causa dell’ascesa di Hitler Jesse Owens corre veloce come il vento. Viene notato da un selezionatore al college che ritiene giusto portarlo alle Olimpiadi, celebrate in Germania dal Führer per celebrare la superiorità della razza ariana. Le cose prendono una piega inaspettata e Owens frantuma tutti i record precedenti, ma non è tutto oro (è il caso di dirlo, viste le medaglie) quello che luccica.
In sala
Questo biopic di Stephen Hopkins illustra in modo inequivocabile la vicinanza degli Stati Uniti al razzismo tedesco; l’apartheid a cui erano sottoposte le persone di colore tramite posti riservati in fondo agli autobus, entrate secondarie, spogliatoi separati e così via non era da meno. Lo stesso Owens, dopo 4 ori olimpici, per una festa in suo onore in un hotel di lusso, è costretto ad entrare dall’ingresso di servizio, a riprova che la libertà paventata a parole non corrispondeva con i fatti quotidiani.
Per fortuna Owens trovò persone illuminate (anche all’epoca) che decisero comunque di riconoscere il suo valore, tra cui la regista scelta da Hitler che decise comunque di valorizzare i successi del ragazzo, a prescindere dal colore della pelle. Scelte difficili compiute in anni dove una parola di traverso o un atteggiamento equivoco (come l’avversario tedesco di Owens quando fa il giro di gloria nello stadio) erano sufficienti per spedirti al fronte, in prima linea, a ricevere pallottole che i politicanti e i generali non avrebbero mai visto, dall’alto delle loro scrivanie.
Film intenso e ben girato che suscita ad oggi l’indignazione pubblica: le medaglie olimpiche non vennero riconosciute ad Owens al suo rientro negli States. Sono arrivati riconoscimenti postumi; una magra consolazione per un atteggiamento semplicemente indecente.
Tuttavia la passione, la dedizione e l’ostinazione di Owens restano cristalline e lo portarono laddove nessun uomo “colorato” (citando le scritte che compaiono nella pellicola) avrebbe mai pensato/sognato di poter arrivare.
Race il colore della vittoria parla di riscatto, giustizia e della volontà di cambiare le cose, a prescindere da quanto possa essere avverso il mondo che ti circonda. Un’ottima occasione per documentarsi sulla sua storia ed essere vicini ad un personaggio che, con il suo coraggio, ha spinto tante persone a portare avanti le proprie battaglie personali.
Concludendo
Girato nello stile classico europeo, è un film biografico che denuncia le ingiustizie che un copione di caratura mondiale ha dovuto subire a causa di leggi ingiuste; una bella lezione di storia stimolante e coinvolgente.
Voto: 8/10