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Cinema che fu: Bianco, Rosso e Verdone

da | Mag 3, 2016 | Cinema, Recensioni | 0 commenti

Che senso ha oggi rivedere un film come Bianco, rosso e Verdone? Tanti anni sono passati (siamo arrivati al sequel Grande grosso e Verdone) e tante cose sono successe, eppure il film mantiene un’eccezionale attualità, ritraendo 3 umanità decisamente pittoresche e poetiche nel loro complesso. Buona lettura!

biancorossoverdoneLa trama

L’Italia viene chiamata al voto e così incontriamo i nostri tre personaggi: Furio lo scassabolle torinese, Mimmo il gnoccolone che confonde Vicenza con Verona (notare l’errore di locandina: la maglietta con scritto Mimmo la indossa Pasquale), Pasquale meridionale ingenuotto che ritorna dalla Germania e si fa rubare di tutto. Ovviamente queste tre maschere sono portate in vita sempre dallo stesso Verdone, che qui mostra il suo carattere poliedrico ed istrionico sia nelle vesti di regista che come attore.

Il film

Tra i personaggi secondari/comprimari troviamo la prostituta Milena Vukotic, grandissima attrice già vista nel ruolo della moglie di Fantozzi Pina/ la moglie del conte decaduto Mascetti in Amici Miei/ la nonna fighettina nel Medico in Famiglia e così via… La Vukotic riesce a dare al ruolo quel mix di tristezza ed ingenuità che lo rendono veramente unico, senza paragoni.

Altro personaggio che merita una menzione è la sora Lella (Lella Fabrizi), simpatica cuoca e caciarona romana qui nelle vesti di una nonna comunista che vuole rientrare nella capitale per votare, accompagnata dal nipote gnoccolone ed imbecille. Un’interpretazione magica, specialmente nella scena del cimitero dove compare una tenerezza ed una poesia che prima, a causa della sua forte caratterialità, non era emersa.

Ritornando alla storia, Furio (il marito spaccaciufole) rende la vita della moglie Magda e dei due figli AntonGiulio e AntonLuca un autentico inferno, a causa delle sue ossessioni maniaco compulsive e del suo perfezionismo esagerato, che supera qualunque limite umano accettabile. Dopo aver fatto il deficiente in autostrada compie un incidente e, una volta giunti al pronto soccorso, il dottore lo deve sedare perchè pensa che sia in stato confusionale: quando scopre che è così anche normalmente rimane senza parole.

Il personaggio di Magda, a differenza degli altri, ha una possibilità di cambiamento: arriva l’esploratore fascinoso su un Maggiolone blu elettrico che la conquista, offrendole una trombata serena dopo anni di stress coniugale e psicologico. Sulle prime ha forti remore sull’accettare queste avance, poi Fulvio contribuisce naturalmente a questo disprezzo (vedi il film di Godard) nostrano: dal cambiare una ruota già riparata per aspettare all’Aci fino all’autogrill, dove gli automobilisti gli spostano l’auto a forza (aveva creato una fila chilometrica per delle baggianate), l’esasperazione della gianduiotta Magda tocca il limite estremo e vede, nel fascinoso seduttore, la via di fuga ai suoi asfissianti problemi.

A questo punto la donna abbandona i figli in macchina davanti al seggio elettorale e scappa con l’uomo dei tamburi. Fulvio quindi si ritrova cornuto e con figli a carico… C’è anche da dire che Raul, il fascinoso seduttore, cerca solo una fuga estemporanea: tempo una settimana e Magda ritornerà alla casa coniugale (ovviamente chiedendo il divorzio).

Mimmo è il classico ingenuotto che fuori ha 30 anni ma dentro ne ha 8 massimo 12, dimostrandosi così inadatto alle varie situazioni e risultando nonna-dipendente. Non avendo raggiunto una piena maturità psichica vive dei consigli altrui e stressa la nonna, che spesso si diverte a prenderlo in giro e aburlarsi di lui (ma sempre con tenerezza ed amore). Nel film sarà il personaggio con l’epilogo peggiore, in quanto la simpatica nonna schiatta direttamente nella cabina elettorale: qui vediamo il grande tocco di Verdone, con la disperazione di Mimmo e la totale indifferenza degli scrutinatori, che si preoccupano soltanto della scheda mezza aperta/mezza chiusa.

Pasquale chiude la nostra storia: mentre ritorna a Matera spende un sacco di soldi in cianfrusaglie varie di dubbio gusto, asfissia tutti con l’odore delle sue ascelle puzzolenti e gira sempre con la maglietta a metà, mettendo in mostra una pancia a cocomero imbarazzante. Ovviamente la macchina con la targa tedesca non l’aiuta, e così gliela smembrano pezzo per pezzo. Pasquale, spinto dal desiderio di rivincita, prova a rubare anche lui delle borchie ma viene colto in castagna dopo neanche un minuto e viene malmenato da ignoti avventori presenti nelle vicinanze. Il personaggio non parla mai per tutto il film, salvo lo sproloquio liberatorio finale.

Concludendo

Un capolavoro di 3 ritratti italiani delineati con purezza ed eleganza, che strappano sorrisi sempre ponderati e mai sguaiati: un atto d’amore verso il cinema italiano, 10 pieno all’erede artistico di Sordi.
Dulcis in fundu: musiche composte da Ennio Morricone.

Voto: 10/10

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