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Fotografia, il “tempo lento lento” di Raffaele Capasso in mostra a San Felice

da | Mag 3, 2016 | San Felice sul Panaro | 0 commenti

di Francesco Mandrino

Presso la sede di Photoclub Eyes B.F.I. a San Felice sul Panaro, nella Galleria FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche), una delle otto presenti sul territorio nazionale, il 2 maggio ha avuto luogo l’inaugurazione della mostra fotografica di Raffaele Capasso, “Vorrei un tempo lento lento”. La buona affluenza di pubblico non stupisce Luca Monelli, fondatore e presidente del club dal 1981, poiché, come egli stesso mi dice, la galleria propone da tempo mostre non solo agli associati ma anche ad altri fotografi fra i quali sono sfilati grandi personaggi. Il Club propone periodicamente anche sessioni dette portfolio, specialmente rivolte ai giovani, nelle quali fotografi esperti discutono con gli stessi il loro operato.
Scorrendo le fotografie prima che Antonio Guicciardi presentasse la serata la mente corre al basso tempo imposto dall’autore alla fotocamera, trattandosi di immagini “mosse” (tecnica che viene detta “mosso creativo”), ma le stesse parole che usa Raffaele Capasso nell’introduzione mi mostrano come questo non sia che uno sguardo superficiale, come si legge in una sua dichiarazione pubblicata a parte. La sua scelta di misurarsi nella proposta di dodici immagini, a rappresentare il ciclo annuale, rimanda all’idea di un percorso nel tempo, un tempo lento, appunto, che varca anche la scansione annuale e si estende alla possibile esperienza di vita, come suggerisce la prima immagine del percorso, una mela.
In realtà, come dice Patrizia Digito, critico fotografico del Dipartimento Cultura della FIAF, il tempo lento cui allude la mostra è quello dell’esistenza, è quello cui impone il mosso che non lascia individuare immediatamente il soggetto ma costringe colui che guarda a soffermarsi per cercarlo, quindi in un certo modo ne stimola la curiosità indagativa, inoltre la tecnica del mosso creativo porta fuori dal livello personale che ha guidato l’autore nella produzione e nella scelta delle immagini e sposta verso la possibile esperienza personale di colui che guarda l’immagine.
Michele Luppi, molto impegnato nel Club, porta l’accento sulla luminosità dell’intero evento, sul gioco fra la lentezza dichiarata e la velocità ispirata dal mosso che non appare relativa a qualcosa di fermo bensì continua, totale, tale da indurre, complice il colore, all’evanescenza del sogno.
Roberta Paltrinieri, altro personaggio di spicco nel Club, prende in considerazione il coraggio dell’autore nel presentarsi con un linguaggio nuovo rispetto al suo pregresso, un linguaggio difficile per il suo aspetto inconsueto nei confronti dell’immagine imperante imposta ai nostri occhi specie dalla pubblicità, e riconosce il valore del mosso che invece, togliendo nitidezza all’immagine, induce ad una sua maggior incisività, facendone un termine di paragone fra la coscienza dell’autore e la consapevolezza dell’osservatore.
Emilio Vua Carnevale, che ha collaborato alla scelta ed alla preparazione delle immagini da esporre ed ha curato l’allestimento, sottolinea l’aspetto condiviso del progetto, quello che spinge i visitatori della mostra a riappropriarsi del piacere di considerare l’immagine che hanno di fronte, di lasciarsi catturare dalla curiosità.
La grande varietà di impressioni e di interpretazioni di fronte a queste fotografie non può che fare dell’eventoun’esperienza positiva, innanzitutto per Raffaele Capasso che, nonostante l’incoraggiante presenza delle sue bambine, responsabili insieme alle maestre della loro scuola materna dell’idea di partenza per la realizzazione del progetto, è apparso visibilmente emozionato e comprensibilmente, data l’importanza del luogo ed il livello del pubblico, ma anche per lo stesso pubblico intervenuto.

 

FOTOGALLERY (foto di Patrizia Baraldini)

Vorrei un tempo lento lento. Questa mostra parla del tempo. Non nel senso metereologico del termine ma di quello filosofico o forse più precisamente di quello scientifico. Parla della sua importanza e della dimensione che misura il trascorrere degli eventi. La fretta “compulsiva” a cui ci siamo lasciati abituare, costringe in generale a guardare e non più ad osservare ciò che vediamo. Guardiamo con l’avidità di un collezionista di figurine, ci limitiamo al “celo-celo-manca”, scordandoci di valorizzare ciò che stiamo guardando e il momento che stiamo vivendo. Osserviamo troppo di quello che ci circonda in modo superficiale. Ecco perché nella maggior parte delle foto esposte il soggetto è riconoscibile solo osservando in modo più accurato. E’ questo uno spunto per l’osservatore a fare una propria riflessione sull’importanza del tempo e della percezione che si ha di esso. Una sorta di invito al lettore ad entrare nelle colorate immagini e farsi trasportare dal lento andamento con cui le stesse, sono state composte e realizzate. (Raffaele Capasso)

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