di Andrea Lodi (*)
L’Italia tra invidia e ipocrisia
L’invidia, quarto dei vizi capitali, che Aristotele descrisse come “un dolore causato da una buona fortuna […] che appare presso persone simili a noi”, pare essere un sentimento “abbastanza” sentito nel nostro benamato Paese. Ne sa qualcosa Ilaria Capua, virologa, eccellenza italiana della ricerca in campo virologico, che è stata, pare per invidia da parte di alcuni colleghi, con la complicità della lentezza della giustizia italiana, accusata di traffico illecito di virus. In realtà la dott.ssa Di Capua, è stato accertato, faceva esattamente il contrario: metteva a disposizione di tutti le sequenze dei virus, opponendosi ai potentati economici del settore.
Risultato? La dott.ssa Capua si è dovuta trasferire all’estero. Con una reputazione schiacciata da accuse infamanti, sarebbe stata molto dura la vita personale e professionale della ricercatrice in Italia. Si sa che il dubbio è sempre dietro l’angolo, soprattutto se alimentato dal quarto vizio capitale sopracitato.
Oltre all’invidia, se aggiungiamo anche un pizzico di ipocrisia, definibile anch’essa come un vizio che ci induce ad ingannare in primis noi stessi, e quindi gli altri, abbiamo creato una mistura micidiale che non giova particolarmente allo stato di salute del nostro, sempre benamato, Paese.
Durante il periodo cosiddetto “Brexit”, durato poco più di una settimana, su giornali e social network abbiamo assistito ad un’orgiastica parata di neo esperti e detentori della verità sui motivi della vittoria del “Leave”. Un autorevole e blasonato giornalista che scrive per “la Repubblica”, comodamente sdraiato sulla sua amaca, ha scritto una sorta di apologia dei giovani, addossando la colpa della Brexit all’elettorato over-fifty, arrivando addirittura a scrivere che gli “anziani” hanno rubato il futuro ai “giovani”. In un Paese “gerontocratico” come il nostro, hai voglia di parlare di giovani. Già, i giovani. Ogni tanto vengono tirati in ballo. Se ne parla. Ma mai nessuno, che ceda loro il posto di lavoro. Se non è ipocrisia questa.
L’Italia non ama chi ha successo
In un articolo, pubblicato su questo giornale nel dicembre del 2015 dall’inequivocabile titolo “L’Italia non ama chi ha successo”, Brian Cohen (presidente della “New York Angels”, un’Associazione che raggruppa oltre centoventi investitori, i più attivi della East Coast americana) accusa: “a voi (italiani) manca la cultura del successo: se vinci la tua sfida e guadagni parecchio non vieni celebrato, vieni avvolto dal sospetto: chi sta soffrendo per colpa tua? A chi hai fatto del male mettendoti in tasca tutti quei soldi? Pensi di meritarli? Non dovresti darli a chi ne ha bisogno? Un giovane imprenditore che ha successo deve quasi nasconderlo. È terribile”.
Spreco di talenti
Secondo lo Human Capital Index, classifica sulla valorizzazione del capitale umano pubblicata dal World Economic Forum, in Italia sprechiamo un quarto del nostro capitale umano, poco occupato e mal pagato.
Siamo il 34esimo Paese su 130 per investimento in capitale umano, superati da Finlandia, Norvegia, Svizzera, Giappone, Svezia, Nuova Zelanda, Danimarca, Olanda, Canada e Belgio, che occupano le prime dieci posizioni. La Germania è undicesima, la Francia, diciassettesima, il Regno Unito, diciannovesimo, gli Stati Uniti d’America, ventiquattresimi. Ci sono Ungheria, Cipro, Polonia e Ungheria. Poi ci siamo noi.
La situazione peggiora in modo preoccupante sui temi della partecipazione dei giovani alla forza lavoro (123esimi su 130) e per la formazione sul lavoro (119esimi su 130).
Conclusioni
E così le “eccellenze” se ne fuggono all’estero. Giorni addietro un collega, che vive e lavora all’estero da molti anni, oggi occupato nel nord europa, alla domanda se non ha nostalgia di casa risponde: “all’inizio è dura, molto dura, ma poi quando capisci che esistono luoghi dove inseguire i propri sogni è possibile, allora ti adatti”. Soprattutto quando ti rendi conto che esistono popoli, culture che riescono ad essere felici dei tuoi successi, senza invidia, senza ipocrisia.
Ma siamo veramente così deludenti? Qualcuno dice di no. Forse siamo entrati in un periodo oscuro, dal quale un giorno usciremo, complice una crisi di sistema (da non confondersi con la crisi sistemica che è ben altra cosa) che ci offusca la vista e ci rende ciechi. Quando finalmente riapriremo gli occhi, è probabile che cominceremo a rallegrarci del successo degli altri, saremo più disponibili e partecipativi, rispetteremo le regole, saremo considerati e retribuiti in base alle nostre competenze e saremo addirittura fieri della nostra classe politica. Forse. Senza esagerazioni.
(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.