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Manuela Cavallari, artista:”Ogni oggetto ha una storia”. Basta saperla raccontare

da | Ago 2, 2016 | Bomporto, Personaggi | 0 commenti

Sta per inaugurare il suo nuovo laboratorio a Villavara, un casale in campagna che è stata una macelleria e ora, tra flessibile, trapano, scalpello e smeriglio, ospita la creatività di un’artista molto interessante: Manuela Cavallari. Lei è “figlia d’arte”, tra il babbo e i cugini Valeria Parenti e Filippo Sala che da sempre  creano, ravvivano, aggiustano. Ha però una marcia in più: quella certa sensibilità e lungimiranza di chi sa vedere oltre il mero oggetto, di chi sa inquadrare l’anima di un pezzo di legno o di ceramica. E le creazioni che riesce a tirare fuori – con il marchio Motus Terrae – lasciano di stucco.

Pensiamo ad esempio ai tronchi caduti che il Panaro trascina nel suo percorso. Se agli occhi dei profani sono spazzatura o peggio intasamento dei fondali, per lei sono tante lavagnette da appendere per abbellire la cucina. Basta tagliare le sezioni di un tronco, cospargerne una faccia con il nero e con due ritocchi c’è un bell’oggetto di arredamento. Una capacità che fa lavorare il cervello 24 ore su 24 e che non va mai in vacanza. Anzi, in vacanza ci va con lei. In Croazia su un porto, sotto il solleone di agosto: noialtri staremmo sotto un ombrellone e a bere birra ghiacciata,  Manuela se ne sta a contrattare a gesti con un pescatore per portarsi via un vecchio ceppo di legno consunto dall’acqua che di lì a poco farà diventare uno splendido tavolino. «A seconda del materiale che uso, lo reinvento e do nuova identità. Mi piace in particolare il legno, i segni che ha, il suo portare storia e vita. Se guardo la girella di un pozzo, ad esempio, già la vedo lampadario in un elegante salotto», racconta Manuela. Non le piacciono gli oggetti di arredamento «tutti uguali, standard, di plastica fredda. Creo di notte, nel rumore, nella polvere, cerco di raccontare una storia di quello che faccio nascere, una storia diversa per ogni cosa».

Se a noi mette solo tristezza guardare le macerie lasciate dal terremoto, a lei brillano gli occhi. Puntelli, ponteggi, cerchiature, tutto quel legno che è stato essenziale nella ricostruzione presto o tardi verrà buttato via, lei già ne immagina il possibile riuso. «Mi piacerebbe recuperare tutti i legni incisi dai Vigili del Fuoco, le firme che hanno lasciato: faccio appello a chi ne ritrovasse. Meritano di non essere buttate via e che vengano recuperate».

Articolo originariamente apparso sul numero 2 del mensile SulPanaro.net

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