“Le sperticate lodi al ‘modello-emiliano’ di gestione del post terremoto mi lasciano fortemente perplesso: neppure abili prestigiatori possono nascondere, infatti, che, nella Bassa modenese in particolare, si registrano ritardi gravissimi nella ricostruzione e molti centri storici, nelle zone classificate ‘rosse’, versano tuttora nelle identiche condizioni dei giorni seguenti il terremoto del 2012”.
Lo afferma Tommaso Foti (Fdi-An) in un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale, dove sottolinea che il terremoto che ha colpito nei giorni scorsi alcuni comuni del centro Italia, pur avendo concentrato “i suoi effetti nefasti su di un numero limitato di comuni, ha nuovamente fatto emergere il tema della prevenzione, per quanto possibile, dei fenomeni tellurici. Per contro, purtroppo, gran parte del dibattito mediatico, si concentra invece su quale modello seguire per superare la fase dell’emergenza e attivare, in tempi adeguati, l’attività di ricostruzione e/o di ripristino dei luoghi distrutti o danneggiati”. “Mentre il presidente del Consiglio – aggiunge – pensa di assegnare all’ex presidente Vasco Errani il ruolo di commissario per l’emergenza terremoto in quei luoghi, evidentemente attratto dal mito del ‘modello emiliano’ della ricostruzione post terremoto”, il vice ministro Nencini sottolinea come il modello di ricostruzione da seguire sia quello del Friuli”.
Tornando al tema ricostruzione, Foti chiede alla Giunta se intenda approvare un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici pubblici. “Nella sola Emilia, infatti, – riferisce – 500 immobili pubblici, tra cui scuole, palestre, ospedali e caserme, potrebbero presentare gravi carenze strutturali in caso di scosse” come “pubblicamente annunciato da un dirigente della Regione”: nei fatti, quindi, – sottolinea – “rispetto agli stanziamenti previsti, possono essere sistemati non più di 10 edifici pubblici all’anno”, mentre, “per i restanti, non rimane che rivolgersi alla dea bendata e augurarsi che la terra non tremi”, anche perché “occorre dire che questi interventi non risultano risolutivi, ma servono a rendere gli edifici sicuri al 60% dello standard richiesto per quelli di nuova costruzione”. Per quanto riguarda poi gli edifici di proprietà privata e, in particolare, i capannoni industriali, risulta che la Regione – scrive Foti – ne abbia commissionato un censimento nell’area emiliana, che sarebbe stato superfluo se i Comuni avessero adempiuto gli obblighi di legge e di verifica in occasione della loro costruzione.