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Controlli ispettivi nei posti di lavoro: “La situazione peggiora e c’è troppa indifferenza”

da | Set 2, 2016 | In Primo Piano, Ultime news | 0 commenti

Controlli ispettivi nei posti di lavoro: “La situazione peggiora e c’è troppa indifferenza”. E’ fresco di stampa il monitoraggio ministeriale sull’attività degli organi ispettivi dentro le imprese, relativi al 1°semestre 2016 appena trascorso, per controllare la regolarità e legittimità dei rapporti e condizioni di lavoro.
Dati che confermano un ulteriore peggioramento, con tendenze anomale e negative che purtroppo si estendono e consolidano oltre limiti impensabili per questi nostri territori.
Una preziosa attività ispettiva che  – spiega  Franco Zavatti, coordinatore sicurezza e legalità Cgil Emilia-Romagna – conferma l’urgente necessità di essere potenziata con maggiori risorse e personale ispettivo specializzato.
Gli stessi decreti attuativi del Jobs Act dello scorso settembre prevedono, giustamente, misure per meglio razionalizzare e coordinare l’attività dei tanti e diversi Enti competenti (Dpl, Inps, Inail, Asl, Agenzia Entrate e Guardia di Finanza), ma ancora nulla per sbloccare i colpevoli tagli della spending review. Strano che a chiederlo sia solo il sindacato !

E infatti,a livello nazionale,anche nell’ultimo semestre prosegue il calo di un migliaio nel numero degli accessi ispettivi nei luoghi di lavoro.
Il danno sociale e di legalità è evidente – nota Zavatti –  e va rimosso.
In positiva e leggera controtendenza il dato per Emilia Romagna, con 6.012 ispezioni effettuate: 217 in più rispetto allo stesso periodo 2015.
In questo primo semestre, registriamo un notevole calo dei controlli nei settori del commercio e in agricoltura, ma una crescita degli accessi nelle imprese più sospette di costruzione, trasporto e terziario/alberghiero.
Così anche in provincia di Modena, col vantaggio che assorbe oltre la metà della leggera crescita dei controlli effettuati in regione, concentrandoli sui settori dell’edilizia.

La doccia gelata arriva sfogliando le tabelle sulle irregolarità accertate. Crescono a livello nazionale, salendo al 61,2%. Impressiona però il dato emiliano romagnolo.
Come sindacato già eravamo più che allarmati dalle recenti tendenze: un 2014 concluso superando per la prima volta il 50% di ispezioni con irregolarità e poi il 2015 col 57,2%.
Questo primo semestre 2016 ci consegna un terribile 63,29% di irregolarità e casi sanzionati !
Media regionale che va ancor più in rosso, sotto il peso delle rilevazioni negative nei settori del manifatturiero ed autotrasporto.
Brutta media regionale – sottolinea il sindacalista-  trascinata da alcuni pesantissimi dati modenesi: trasporto e magazzinaggio con 86,8% di casi irregolari e 83% nelle attività immobiliari.
Colpiscono inoltre, ed impongono urgenti riflessioni e provvedimenti, le irregolarità in alcuni delicatissimi settori modenesi: 70% nei servizi di istruzione, sanità ed assistenza private, 57,1% nelle attività professionali !!
Forse, tanti/troppi numeri rischiano di distorcere l’attenzione sulla gravità e la natura sociale e legale dei problemi che emergono.
Numeri e percentuali che parlano di volti, voci, sofferenze, truffe e ricatti di lavoratrici e lavoratori, in prevalenza giovani e nostri cittadini. Dati che certificano estese truffe ai danni dello Stato, di tutti noi e delle tante imprese sane che stanno in regola.

In Emilia Romagna la natura delle violazioni accertate nel semestre, ha colpito e danneggiato 3.422 lavoratori – dei quali “solamente” 54 stranieri clandestini – con un +15% sull’anno precedente; con ben 1.573 in ” totale lavoro nero”; col raddoppio dei 434 “fenomeni di interposizione”. Cioè – illustra Zavatti –  occupazione irregolare e sommersa, in appalti e subappalti illeciti, diffusi nelle false coop, fino a forme di vero caporalato. La chiarissima sentenza del 22 agosto della Corte di Appello di Bologna che fa giustizia su appalti fasulli, è un pilastro!!!
Tra le nostre province, il podio è così assegnato: al primo posto Bologna, poi Reggio Emilia e Modena.
Modena registra però il record di un +31% dei lavoratori scoperti in nero.
È gravissima, per l’evidente significato, l’entità delle “violazioni di carattere penale”: ben 5.038 in regione, con prevalenze nelle province di Parma, Bologna, Modena, Ravenna.
Rilievo penale che conferma il possibile e crescente sconfinamento delle forme di lavoro irregolare con la ramificazione della illegalità economica, esposta a più facile infiltrazione e riciclaggio.
E  – osserva il sindacalista – se nel semestre alle spalle, in Emilia Romagna è di oltre 2,5 milioni l’importo introitato per le più gravi sanzioni amministrative e penali sancite a ditte e società, Modena è di gran lunga il primo territorio con quasi mezzo milione raccolto nei tre settori più esposti delle costruzioni, autotrasporto, alloggi/ristorazione…e con un balzo del 21% sullo scorso anno.

Un dato, infine, che colpisce duro riguarda i reati di “violazione salute e sicurezza” nei posti di lavoro.
Ben 405 in regione, in crescita, con Modena al 1°posto in relazione al numero imprese/abitanti!
Un dato allarmante, che naturalmente richiama il recente e puntuale comunicato della Procura modenese che, unica in regione, ha ben chiarito il “nuovo fronte” di indagini ed i molti fascicoli aperti sui reati di sfruttamento che sboccano pure nella rovina della salute di chi lavora.
Inchieste sorte e favorite nel tempo, anche dalle segnalazioni documentate della Cgil. Un fronte nuovo e significativo di civiltà che deve vedere maggiore attenzione e risorse dedicate da parte degli istituti territoriali di vigilanza e prevenzione. La diffusa deformazione dell’uso della manodopera nel settore agroalimentare è attuale e sotto gli occhi di tutti.

Un complesso di dati ispettivi che ci consegna un pacco pesante di problemi ed uno spaccato crudo della nostra concreta ed attuale realtà produttiva che, oltre alle tante positività, convive con crescenti arretramenti sul fronte dei basilari diritti civili e del lavoro e della legalità economica.
Un quadro preoccupante di cui, a parte il sindacato, quasi nessuno parla, interpreta, propone.
Un quadro – chiude Zavatti – che dovrebbe coinvolgere nelle “buone pratiche” di contrasto, l’intero tessuto sociale che nel territorio raccoglie, organizza ed orienta imprenditori, istituzioni, consulenti e professionisti”.

 

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