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In calo la ricchezza degli italiani?

da | Nov 23, 2016 | Editoriale | 0 commenti

di Andrea Lodi (*)

Mentre i blasoni della politica nostrana occupano gran parte del loro tempo (l’hanno dichiarato loro stessi, ma l’avevamo capito anche da noi) in inutili litigi, con tanto di colpi bassi, sul referendum del 4 dicembre, gli italiani diventano sempre più poveri.

La classe operaia non esiste più da diverso tempo, così come non esiste un partito serio che la rappresenti (d’altronde non va tanto di moda). Per ascoltare un discorso di un politico che la citi, bisogna andare ai tempi di Enrico Berlinguer. Chi? Direbbe qualcuno. Il ceto medio ce lo siamo giocato negli ultimi vent’anni. La politica è sempre più distante dai cittadini, al punto tale che molti dei nostri (in)degni rappresentanti dello Stato, spesso non sanno nemmeno a quale partito o coalizione di governo appartengono. Se glielo si domanda, devono consultare l’agenda.

Destra e sinistra si è mescolata in una brodaglia di potere, che nemmeno nel più arretrato Paese del centro Africa si trovano situazioni del genere. Chiedo scusa agli amici africani. Ma è un modo di dire.

Secondo il Global Wealth Report del Credit Suisse Research Institute, negli ultimi anni la ricchezza media netta degli italiani è calata in modo significativo. Fenomeno che non ha interessato i cosiddetti “benestanti”, che hanno visto calare la loro ricchezza di un 1,1% tra il 2015 ed il 2016, dopo anni di crescita tra il 2% ed il 3% annuo.

Su 61 milioni di abitanti oggi in Italia i milionari sono 1.132, in leggera flessione. E cresce il divario tra i ceti sociali.

In Europa i Paesi dove “si sta meglio” sono in primis la Svizzera, seguita da Germania, Belgio e Spagna (si, proprio quella, in crescita dopo un periodo di forte recessione).

Gli italiani in situazione di povertà assoluta sono 4,6 milioni, il 7,5% della popolazione complessiva. E’ il numero più alto dal 2005. L’ Istat segnala che i giovani in povertà sono triplicati con la crisi. La lunga recessione che ha colpito l’Italia è ricaduta quasi interamente sui giovani. Ma non solo. Un altro problema, di cui abbiamo il primato, è la incapacità del sistema economico, di capitalizzare l’esperienza, di riqualificare i cinquantenni. Per questa nuova categoria di popolazione a rischio, perdere il posto di lavoro, significa, spesso, la disoccupazione a vita. Problema che non tocca ovviamente le cosiddette “categorie protette” del corporativismo occupazionale. Categorie, guarda a caso, con forti legami con il mondo della politica. E come pensa la politica italiana di risolvere il problema? Con la proposta di un reddito d’inclusione. Per carità, tanto di cappello a chi l’ha proposto. Facciamo in modo invece di creare delle agenzie che aiutino giovani e non giovani a mettere a frutto, per il bene loro e dell’intera comunità, le competenze, le capacità e l’esperienza. Come fanno in Israele, ad esempio.

Un giovane ha più opportunità di un ex giovane. Può sempre riparare all’estero. Ma ce lo vedete un cinquantenne, con tanto di famiglia e nipoti al seguito, trasferirsi all’estero?

Sentiamo tutti i giorni voci provenire da un mondo che ormai sentiamo così distante, che dopo il 4 dicembre, qualora vincesse il SI (così ci dicono), tutto cambierà. Vivremo in un mondo perfetto, dove tutto, o quasi sarà possibile. Non entro nel merito del SI o del NO al referendum del 4 dicembre, gli italiani sceglieranno in base alle loro idee, in base alla loro coscienza, ma se è tutto così semplice, perché abbiamo dovuto aspettare così tanto tempo?

(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.

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