di Andrea Lodi (*)
Ieri, 8 novembre 2016, gli americani sono stati chiamati ad eleggere il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America, ovvero chi guiderà le sorti di una delle più grandi e potenti democrazie del pianeta per i prossimi quattro anni.
Dopo un’estenuante e paradossale “spettacolo” durato fin troppo tempo, con insulti e minacce (in)degne del più miserabile dei “reality show”, gli americani hanno fatto la loro scelta.
Una scelta tra due candidati atipici, in un periodo difficile per le economie del Pianeta: Trump non è un politico e ha contro gran parte del partito Repubblicano; la Clinton è la prima donna a correre per la Casa Bianca.
Ha vinto il repubblicano Donald Trump. Ha vinto il fronte dell’insofferenza nei confronti di una politica sempre più orientata verso gli interessi di pochi e che pare essersi dimenticata dei penultimi. Ha vinto la politica del risentimento. Ha vinto la paura contro la speranza. Un fronte che ha scelto un candidato incandidabile. Difficile pensare quale contributo possa dare al malessere diffuso del continente americano. Ce lo stiamo chiedendo in tanti. Perché il 48% degli americani ha scelto un personaggio che sembra uscito da un film della Walt Disney, piuttosto che una politica “navigata”?
Perché scegliere la “chiusura” e la xenofobia di Trump contro l’”apertura” e la globalizzazione promessa dalla Clinton? Forse perché c’è una parte dell’America (e dell’Europa) che è stanca dell’establishment, che è alla estenuante ricerca del “nuovo” e che non è ancora pronta ad essere guidata da una donna. Si tratta di una sorta di rivoluzione.
Chi è Donald Trump
Donald Trump, settant’anni, miliardario newyorkese a capo di un impero immobiliare ma anche star del piccolo schermo con la serie tv “The Apprentice” che ha condotto dal 2004 al 2015. Con lo slogan “Make America Great Again” promette di costruire un muro ai confini col Messico e di vietare l’ingresso dei musulmani negli Usa. Forbes stima in 4,5 miliardi di dollari il patrimonio del tycoon newyorkese. Secondo il Washington Post invece il patrimonio di Trump sarebbe di 9 miliardi di dollari.
Quale futuro?
Secondo gli analisti la vittoria di Donald Trump causerà un crollo del mercato azionario e finanziario. Fenomeno già in atto: a pochi minuti dalla vittoria di Trump sulla candidata democratica, i “future” sullo S&P 500 sono arrivati a perdere il 5%, stessa sorte per il Nasdaq che perde anch’esso il 5%. L’indice Nikkei segna un crollo del 4,86%. Fenomeno che sarà accentuato dalla corsa degli investitori mondiali a vendere i titoli americani in portafoglio, incluso il dollaro.
Ma è anche sul fronte della politica estera che alcuni vedono la scelta di Trump sulla Clinton.
Non tutti i poteri forti hanno fatto il tifo per la Clinton. Sono in gioco interessi miliardari con la Russia di Putin. E’ probabile che il tallone d’Achille della Clinton agli occhi dei poteri forti sia stato il suo programma sulla politica estera proiettata verso il contenimento della Russia di Putin ed all’allargamento dei confini della NATO. Politica che, secondo alcuni, rischierebbe di sfociare in un conflitto.
Trump sembra un candidato più malleabile, pronto ad accordi con Putin per pacificare i rapporti tra occidente e Russia. Pronto quindi a consolidare quegli interessi miliardari che vanno oltre ogni considerazioni di tipo geo-politico sulle faccende che riguardano in particolare gli squilibri del medio oriente.
Rimane comunque una grande incognita sui quattro anni di governo di Trump. Sia sul fronte interno che su quello estero. Con la cancellazione della riforma sanitaria di Barack Obama, più di 10 milioni di americani perderanno l’assistenza medica. Sul fronte internazionale sicuramente andrà molto d’accordo con la Russia di Putin, ma è difficile valutare come un “imprenditore spregiudicato” possa affrontare delicate questioni come il conflitto in medio-oriente (questione che pare non sia di suo grande interesse) o gli accordi commerciali con la Cina.
Infine c’è un serio problema di ingovernabilità. Difficile pensare che Trump possa governare con un Congresso che gli è fortemente ostile anche, e soprattutto, da parte repubblicana. Ma si sa che il “carosello delle poltrone” fa veri e propri miracoli.
Conclusione
Vedremo che cosa ci riserverà il futuro. Lo show della campagna elettorale americana è terminato. Ora il neo Presidente degli Stati Uniti d’America dovrà fare sul serio. Dovrà andare oltre i facili, e spesso banali, slogan della campagna elettorale. Ormai la politica fa più spettacolo di qualsiasi altra cosa. Quello americano è terminato. Per noi italiani rimane quello del referendum del 4 dicembre.
(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.