di Andrea Lodi (*)
Secondo l’ufficio Studi della CGIA di Mestre, da sempre in prima linea nell’analizzare i comportamenti dei consumatori, gli italiani non hanno particolarmente sentito i benefici della tanto conclamata crescita economica enunciata dai nostri politici. Nel 2016 i prezzi al consumo per i cittadini italiani sono diminuiti dello 0,1%. Fenomeno che non si era mai manifestato dal lontano 1959. Che cosa significa? Semplicemente che l’Italia è in deflazione.
A diminuire in modo significativo, anche se non sempre hanno interessato positivamente le tasche degli italiani (è il caso dei prodotti energetici i cui “risparmi” rimangono spesso nelle tasche delle società di erogazione), sono i prodotti “tecnologici” (computer fissi -11,5%), i prodotti “energetici” (gasolio per riscaldamento -9,5%, gasolio auto -8,8%, altri carburanti come GLP/metano -8,2%, gas per la casa -8,1% e benzina -5,9%) ed alcuni prodotti del comparto alimentare.
Un calo che rappresenta senz’altro una buona notizia per i consumatori, ci spiega Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, ma che evidenzia una mancata crescita dell’economia italiana: “la crescita dell’economia italiana è inferiore all’1% e la deflazione esiste perché la domanda è debole e i consumi sono troppo lontani dai livelli pre-crisi”.
Non dello stesso parere sono coloro che hanno stipulato mutui con le banche, perché se da un lato la deflazione determina un calo dei prezzi al consumo, dall’altro determina un aumento del costo reale del debito.
Un fenomeno, quello deflazionistico, determinato anche dal modello economico italiano, rappresentato per oltre il 90% da micro e piccole imprese.
“L’artigianato, il piccolo commercio e il lavoro autonomo – puntualizza il Segretario della CGIA Renato Mason – vivono soprattutto di domanda interna. I soli consumi delle famiglie rappresentano più del 60% del PIL italiano mentre le esportazioni nette appena il 3%. E nonostante i consumi delle famiglie abbiano registrato una leggera ripresa negli ultimi tre anni, purtroppo questi sono circa 5 punti percentuali al di sotto del livello del 2007. La domanda è debole e questo influisce sul livello dei prezzi che continuano a scendere, comprimendo i margini di guadagno delle imprese”.
Purtroppo, a fare da contraltare, c’è l’aumento abbastanza significativo di alcuni prodotti/servizi pubblici quali i “postali” (+9,5%), la “fornitura d’acqua” (+4,2%) e la “fognatura” (+4,0%) ed un aumento della pressione fiscale sui privati che, in rapporto al PIL è cresciuta: dello 0,1% sul reddito delle persone fisiche, dello 0,3% sulle imposte sui consumi e dell’1,5% sulle imposte indirette.
(*) Andrea Lodi, vive a San Prospero (MO), è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Giornalista economico, da gennaio 2009 cura “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it; da settembre 2014 collabora con SulPanaro.net.