Svuotavano le società in stato d’insolvenza trasferendo i beni in società “pulite” create ad hoc: con questo meccanismo sono stati distratti oltre tre milioni di euro in danno dei creditori e dell’erario.
Questo l’esito dell’attività di indagine condotta dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Modena, coordinata dalla locale Procura della Repubblica nella persona del sostituto procuratore Marco Marco Imperato, nei confronti di cinque persone indagate per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ed evasione fiscale per omesso versamento delle ritenute
Irpef dei dipendenti.
In tale contesto, spiega una nota della Guardia di Finanza, le fiamme gialle modenesi stanno eseguendo dalla mattinata odierna nel capoluogo modenese e nell’immediato circondario un’ordinanza, emessa dal giudice per le indagini preliminari, di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di due imprenditori, con contestuali perquisizioni locali (quattro in abitazioni e sei in aziende) e sequestro preventivo dei proventi dei reati contestati (solo per quelli di natura tributaria quantificati, allo stato, in un milione di euro circa).
L’esecuzione del provvedimento cautelare rappresenta il primo punto fermo delle indagini, tuttora in corso, scaturite dal fallimento di una locale industria esercente l’attività di fabbricazione di trattori agricoli. Indagini che proseguiranno anche nella direzione del recupero a tassazione dei proventi illeciti conseguiti dai responsabili
delle condotte fraudolente scoperte.
La complessa attività di polizia giudiziaria ha permesso di individuare operazioni e fatti aziendali connotati dal comune obiettivo di depauperare il patrimonio della fallita in pregiudizio dei creditori e dell’erario, attraverso la commissione di delitti di bancarotta patrimoniale e documentale, unitamente a paralleli reati tributari. A
fronte di debiti complessivi per oltre 4,5 milioni di euro, il creditore maggiormente esposto è risultato Equitalia per debiti fiscali e previdenziali accumulati dalla fallita per quasi 4 milioni di euro.
In particolare, le condotte ascritte agli indagati e ai soggetti posti agli arresti domiciliari riguardano fatti relativi sia all’impresa fallita sia alla governance della newco (new company) appositamente costituita con pressoché analogo oggetto sociale (fabbricazione di altre macchine e altro materiale meccanico) e con il medesimo personale dipendente, nel frattempo migrato dalla fallita.
Dopo la costituzione della newco, si procedeva, attraverso il simulato frazionato trasferimento ad essa dell’intero compendio dei beni aziendali (avviamento, clientela, know-how, attrezzature, rimanenze, …) della società in decozione – ormai gravata da debiti milionari – al progressivo svuotamento di quest’ultima così da
renderla di fatto non aggredibile da parte dei creditori, ivi compreso l’erario.
Per ostacolare l’accertamento delle condotte illecite poste in essere, gli amministratori della fallita non hanno esibito, né al curatore, né alle fiamme gialle, le scritture contabili obbligatorie necessarie per la ricostruzione dei reali rapporti gestionali: ciononostante, dai controlli incrociati, anche di natura finanziaria, effettuati dai finanzieri è emerso come a fronte delle anzidette cessioni di beni, in alcuni casi, non sarebbero avvenuti pagamenti mentre nel caso della vendita di un capannone aziendale la maggior parte dell’importo pagato alla fallita sarebbe stato
dirottato su conti personali degli indagati.
All’esito della prima fase investigativa è emerso oltremodo evidente il disegno criminoso: avviare una società, indebitarla verso i fornitori e, soprattutto, verso il fisco e gli enti previdenziali, svuotarla cedendo le attività ad altra società appositamente costituita occultando la contabilità in modo da non consentire, a posteriori, la ricostruzione delle operazioni commerciali realizzate e la destinazione dei flussi finanziari distratti. In tal modo i responsabili arrecavano un doppio pregiudizio ai creditori: non solo il danno patrimoniale derivante dai debiti non
onorati, ma il mancato pagamento dei debiti fiscali, contributivi e previdenziali delle
società a loro riconducibili assicurava anche un illecito vantaggio competitivo in danno della libera e leale concorrenza di mercato.
L’ulteriore conferma dell’intento fraudolento perseguito dagli indagati si è avuta nel corso dei successivi sviluppi investigativi che hanno consentito ai militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Modena di individuare una terza società, sempre con analogo oggetto sociale, fondata sulle ceneri della precedente newco che, nel
frattempo, era già entrata in stato di decozione. In questo caso, però, l’intrapresa azione di contrasto operata efficacemente ed in sinergia tra la Procura della Repubblica geminiana e la Guardia di Finanza modenese ha interrotto il meccanismo fraudolento evitando il reiterarsi dei deleteri effetti in danno di altri
creditori e ancora dell’erario.
L’indagine delle fiamme gialle modenesi – chiude la nota – testimonia concretamente come la Guardia di Finanza, quale polizia economico-finanziaria a forte connotazione specialistica, sia in grado di colpire, anche attraverso l’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati, tutti quei fenomeni che costituiscono ostacolo alla crescita ed alla realizzazione di un mercato pienamente concorrenziale, su cui basare lo sviluppo di una società più equa ed attenta ai bisogni dei cittadini. L’operazione odierna si inserisce nella più ampia lotta alla criminalità economica condotta quotidianamente dal Corpo per tutelare l’economia legale e il sano funzionamento del tessuto produttivo, anche attraverso la piena tutela patrimoniale dei creditori delle società fallite, con l’obiettivo primario di garantire la collettività assicurando alla giustizia i colpevoli di gravi reati economici particolarmente dannosi per le imprese sane che rappresentano il reale volano dell’economia del Paese”.
Bancarotta da tre milioni di euro, due arresti della Finanza
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