Il sindaco di Mirandola dà il benvenuto a papa Francesco.
“A Papa Francesco racconterò cosa hanno fatto i mirandolesi in questi cinque difficilissimi anni; spiegherò l’impegno e l’incredibile volontà dei cittadini, delle imprese, del volontariato, dell’amministrazione comunale e di quella regionale, che insieme stanno compiendo un’impresa direi epica; illustrerò quello che ha funzionato della ricostruzione: ad esempio che l’85% delle abitazioni private ha già ottenuto i contributi e che le fabbriche non hanno perso un solo posto di lavoro per il terremoto; nel suo passaggio a Mirandola il Pontefice potrà vedere i tanti edifici ricostruiti e i quasi 200 cantieri presenti in centro storico.
A Papa Francesco dirò anche quello che resta da fare, a partire proprio dalle chiese, che sono il punto dolente di quell’incredibile pagina di storia che stiamo scrivendo da quel fatidico maggio 2012.
Sapevamo che la strada sarebbe stata lunga e impervia, ma abbiamo preso la bicicletta e pedalato, tutti insieme e nella stessa direzione. Ci eravamo dati delle priorità e le abbiamo rispettate: prima le scuole e le fabbriche, poi le case, infine i monumenti. Nella primavera del 2013 abbiamo avuto il quadro normativo per procedere con la ricostruzione. Da quattro anni stiamo lavorando sodo a questo obiettivo, ma adesso è il momento di “spingere” sul recupero delle chiese e degli altri edifici storici.
Per quanto ci riguarda stiamo cercando di accelerare i progetti di competenza comunale, come il Teatro, il Castello, il Palazzo municipale e la Chiesa del Gesù. Ci auguriamo che anche per le chiese ci sia la stessa volontà di “pedalare” più velocemente.
La visita di Papa Francesco mi ha spinto in questi giorni anche ad altre riflessioni. Questo Pontefice così amato dalla gente e così coraggioso e “controcorrente”, è un esempio per tutti, credenti e non. Dalle sue parole potrà arrivare un messaggio di speranza e di fiducia anche per la ricostruzione morale della nostra comunità. Siamo in un periodo difficile, segnato da crisi e incertezze, ma la ricetta per uscirne non può essere quella della chiusura, della paura e dell’individualismo.
Abbiamo invece bisogno come non mai di una comunità coesa, che affermi i valori fondanti della sua storia, che è fatta di apertura e di inclusione. Ricordo che nel nostro dna c’è l’insegnamento di don Zeno, apprezzato da Papa Francesco. A San Giacomo Roncole, dove il Pontefice si fermerà, è nata l’Opera Piccoli Apostoli, “culla” di Nomadelfia, la straordinaria esperienza di umanità, fratellanza e accoglienza fondata dal sacerdote carpigiano.
A San Giacomo verrà anche reso omaggio alle vittime del sisma, che sono sempre ben presenti nel nostro ricordo. Credo che in un periodo come il nostro, segnato da chiusure e divisioni, ci sia grande bisogno di esempi luminosi di apertura e di inclusione, come quello che ha significato per la nostra terra don Zeno e come quello che, ogni giorno, vediamo rappresentato da Papa Bergoglio”.