di Andrea Lodi
Il Ministero dello Sviluppo Economico, con la partecipazione dell’Istat, ha deciso che è giunto il momento di valutare il tasso di innovazione e lo stato di salute delle oltre 7mila start-up innovative italiane.
Ne esce un quadro non particolarmente confortante: sei imprese su dieci hanno il bilancio in perdita, il livello occupazionale è di circa 23.000 addetti (vale a dire una media di poco più di 3 addetti per impresa), dispongono di una ridotta capacità attrattiva verso gli investitori istituzionali, con un conseguente limitato tasso di innovazione.
Secondo l’indagine del Mise l’universo italiano delle startup è molto fragile. Le oltre 7mila imprese innovative registrate in Italia presentano un reddito operativo negativo di circa 70,5 milioni di euro, (diminuito del 18% rispetto alla rilevazione precedente).
Una fragilità che proviene anche dal modello di supporto e di assistenza prevalente nel nostro Paese. Mentre qui da noi, infatti, il modello di riferimento è ancora rappresentato da una miriade di incubatori e acceleratori, molti dei quali di derivazione pubblica, con tutti i limiti che ne conseguono, in America hanno inventato “AngelList”: una comunità online di startupper e investitori che, dal 2010, consente a giovani imprenditori di entrare in contatto fra loro e dà visibilità alle startup che cercano finanziatori.
Il problema, tutto italiano, è dovuto alla mancanza di un vero Sistema competente che sia in grado di supportare le imprese (è un problema che non riguarda solo le start-up) a valutare il livello di innovazione che esse possono esprimere, e quindi a pianificare in modo efficace il proprio futuro. Tutto questo però dovrebbe avvenire lontano dalle grinfie “accaparra risorse” delle varie pseudo agenzie, università o centri di ricerca di pubblica derivazione.
Mentre in Italia discutiamo ancora di start-up, in Europa, senza dover andare troppo lontano, si parla di scale-up, che è il passaggio successivo, di crescita e di sviluppo delle start-up, se così vogliamo sintetizzarlo.
Il bilancio europeo delle scale-up, rappresentato da oltre 4.200 imprese, è di 58 miliardi di dollari raccolti, l’equivalente dello 0,33% del Pil della Ue, secondo il report 2017 ScaleEurope dell’associazione Mind the Bridge – Startup Europe Partnership.
La parte del Leone la fa il Regno Unito, che concentra su di sé il 34% delle scale-up (1.412) e 20,2 miliardi di finanziamenti, una quota pari al 35% di tutti i capitali disponibili in Europa. L’Italia è all’undicesimo posto, con 135 imprese innovative e 990 milioni di capitali in circolo.