Acetum ceduta agli inglesi, preoccupazione per la qualità del prodotto e il destino degli agricoltori. I commenti all’operazione di vendita dell’azienda non sono positivi. La notizia diramata lunedì pone infatti una serie di questioni che al momento non sono state chiarite
Gli agricoltori di Coldiretti
“Ci auguriamo che il cambiamento di proprietà da mani italiane a mani estere non significhi lo spostamento delle fonti di approvvigionamento della materia prima a danno dei coltivatori dell’Emilia Romagna che offrono il prodotto agricolo di più alto standard qualitativo”. È il commento del presidente di Coldiretti Emilia Romagna, Mauro Tonello, alla notizia che Associated British Foods (Abf), quotato al London Stock Exchange, ha raggiunto l’accordo per l’acquisizione di Acetum Spa, azienda di Cavezzo principale produttore italiano di Aceto Balsamico di Modena Igp (Indicazione Geografica Protetta).
Poiché il disciplinare voluto dall’Unione Europea per l’Aceto Balsamico Igp ammette l’uso di mosti provenienti da tutto il mondo – spiega Coldiretti in una nota – l’utilizzo di prodotto agricolo estero rischia di aumentare con l’acquisizione da parte di società straniere di marchi alimentari italiani di primaria importanza. Nel caso di Acetum, rileva Coldiretti regionale, preoccupa anche il fatto che la società acquirente è di un Paese che con la Brexit si è posto al di fuori dell’Unione Europea dove sono riconosciute le norme sulla denominazione d’origine.
La produzione annuale dell’Aceto Balsamico di Modena IGP nel 2016 ha superato i 94 milioni di litri, con il 92% del prodotto esportato in circa 120 Paesi di tutto il mondo. L’Aceto Balsamico di Modena ricorda infime Coldiretti è forse anche il prodotto italiano Igp più imitato al mondo dopo prodotti Dop come Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma.
Quest’ultima, infatti, ha firmato un accordo per rilevare l’azienda Acetum spa, principale produttrice italiana che include i marchi Mazzetti, Acetum e Fini (qui link alla notizia).
E’ purtroppo questa la triste realtà di un Paese che ha ormai ceduto all’estero i tre quarti dei suoi marchi alimentari.
Questo significa, come denuncia la Coldiretti, utilizzare sempre più spesso materie prime non italiane e delocalizzare gli stabilimenti.
Ne sanno qualcosa agricoltori e lavoratori.
La retorica è quella della qualità nostrana, ma la sostanza è che il nostro capitalismo è in grado solo di vendere e svendere, anche quando si tratta di un patrimonio che appartiene a tutti, come la cultura alimentare.
On. Giovanni Paglia – Sinistra Italiana