“Importante investimento per il territorio, ma manca trasparenza”: è il giudizio della Cgil riguardo la progettazione di un importante allevamento zootecnico di 3.000 suini da produzione a Finale Emilia (MO) da parte della “Società Agricola Allevamenti Cascone”. Il sindacato dell’agroindustria Flai/Cgil ha infatti contattato la direzione aziendale del Gruppo Cascone per approfondire i temi industriali e occupazionali dell’investimento. Il confronto è stato però, spiega una nota del sindacato, è stato “deludente perché non è stato fornito nessun dettaglio economico sui bilanci, né questi possono essere consultati pubblicamente in quanto le società semplici non sono tenute al deposito”.
L’allevamento dovrebbe sorgere sulle strutture di un precedente impianto di minori dimensioni dell’Azienda Agricola Nizzetto Mirone (700 suini) danneggiato in parte dal sisma del 2012 e ora in abbandono. “Il nuovo allevamento, pur avendo un effetto occupazionale diretto di pochissimi lavoratori, costituisce un segnale di ripresa economica del territorio e genererà anche un indotto nelle imprese del contoterzismo agricolo”, secondo la Cgil.
“Purtroppo non abbiamo elementi per dare un giudizio completo sull’intera operazione del Gruppo Cascone – dichiara Marco Bottura della Flai/Cgil di Modena. – Il confronto sul Piano Industriale è stato deludente perché non è stato possibile affrontare alcun dato economico. Si tratta di società semplici con un giro d’affari di svariati milioni di euro con importanti linee di investimento in terreni, allevamenti e impianti a biogas. Inoltre, secondo i dati Agrea – continua il sindacalista – in dieci anni (2006-2015) la “Società Agricola Allevamenti Cascone” ha percepito contributi pubblici PAC per un ammontare di 767.000 euro. Pensiamo che le realtà produttive che godono di contributi pubblici di questa entità debbano avere una trasparenza aggiuntiva verso la comunità e le istituzioni.”
Crisi suinicola e allevamenti di maggiori dimensioni, le osservazioni del sindacato
Il nostro territorio ha visto negli ultimi anni una crisi della zootecnia che ha investito in particolare il comparto suinicolo, causando un ridimensionamento del numero di allevamenti e di capi complessivamente allevati. Il trend negativo è stato causato da fattori di mercato, ma anche dagli effetti del sisma del 2012 e dall’entrata in vigore, dal gennaio 2013, di normative più restrittive sul benessere animale (Regolamento CE 1099/2009).
La competizione sui costi generata dalla Grande Distribuzione Organizzata e dalle grandi imprese della salumeria italiana, spinge inoltre alla realizzazione di impianti zootecnici di dimensioni sempre più elevate per ridurre i costi di produzione. E’ chiaro che una maggiore sensibilità dei consumatori verso la qualità dei prodotti, il benessere animale e la qualità sociale delle produzioni potrebbe invertire questa tendenza, ma ad oggi non risulta significativa. E’ per questo motivo che continuano a realizzarsi pesanti processi di aggregazione e concentrazione nelle filiere agro-alimentari. Una di queste tendenze è la realizzazione di impianti zootecnici con una quantità di bestiame sempre più elevata, magari annettendo all’allevamento un impianto a biogas, come i progetti messi in campo dall’imprenditore campano Luigi Cascone.
Impatto ambientale
“Condividiamo l’attenzione e la preoccupazione di molti cittadini sulla sostenibilità ambientale dell’allevamento suinicolo in corso di progettazione a Finale Emilia – prosegue Bottura – e confidiamo nella massima attenzione delle amministrazioni competenti nel valutarne l’impatto.”
Nell’”Avviso di Deposito” si prevede a Finale Emlia (MO) un allevamento intensivo nella categoria di allevamenti nella categoria A.2. 10), cioè la categoria degli “impianti per l’allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 posti per galline, 3.000 posti per suini da produzione o 900 posti per scrofe”. L’imprenditore ha precisato che l’intenzione è quella di investire nei suini da produzione, detti comunemente “suini da ingrasso”, per un massimo di 3.000 capi, come del resto nelle altre società agricole del Gruppo. Dimensioni che sarebbero modeste rispetto sia ai nuovi allevamenti moderni sia ai progetti di allevamento avviati negli anni scorsi dallo stesso imprenditore in altre province limitrofe, attraverso altre società di cui è amministratore:
1. Ceneselli (Rovigo): progetto di allevamento di 22.000 suini con annesso impianto di biogas, da parte della Società Agricola Porcellino d’Oro; progetto poi abbandonato in autunno 2016 dopo le pressioni di comitati cittadini e associazioni animaliste;
2. Schivenoglia (Mantova): progetto di allevamento di 10.600 suini da parte della Società Agricola Biopig; progetto sottoposto a referendum comunale consultivo il prossimo 24 settembre 2017 a causa delle variazioni richieste al piano regolatore;
3. Zerbinate di Bondeno (Ferrara): studio/progetto di allevamento di 50.000 capi con annessa centrale a biogas da parte della Società Agricola Allevamenti Cascone.
“L’allevamento intensivo, anche in caso di rispetto completo delle normative, porta con sé un pesante impatto ambientale intrinseco – conclude Bottura – Un allevamento di suini della Società Agricola Allevamenti Cascone, a Burana di Bondeno (Ferrara), 19.000 suini, (in foto) è stato classificato nel 2015 come “industria insalubre di primo tipo”. Inoltre il territorio stesso si deve, per così dire, adeguare alle esigenze dell’allevamento, che è generalmente circondato da decine di ettari a seminativo per l’alimentazione degli animali, terreni sui quali poi effettuare lo spandimento dei liquami. La valutazione dei costi e dei benefici di tali realtà deve partire da una completa trasparenza che, ad oggi, non riscontriamo.”