Chi istiga al suicidio adolescenti minorenni adescati con ‘Blue Whale Challenge’ – il ‘gioco’ diffusosi in rete dallo scorso febbraio che dopo estenuanti prove di sottomissione spinge a togliersi la vita – non commette reato se la vittima si procura ‘solo’ lesioni lievi invece di ammazzarsi o cagionarsi almeno ferite gravissime. Lo sottolinea la Cassazione nel primo verdetto che si occupa di questo pericoloso social game e di un adulto ‘tutor’ di 37 anni, nato in India e dal cognome italiano, che aveva avvicinato in chat una ragazzina alla quale scriveva messaggi tipo “manda audio in cui dici ke sei mia schiava e della vita non ti importa niente e me la consegni”. Ad avviso della Suprema Corte, deve essere accusato di adescamento ma non di istigazione al suicidio perchè la minorenne si era “procurata lesioni non gravi”. (ANSA)
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