Al 31 marzo scorso le imprese attive femminili erano 84.454, pari al 21,0 per cento del totale delle imprese regionali, invariate rispetto alla stessa data del 2017. Va peggio per le imprese non femminili, che risultano 2.676 in meno (-0,8 per cento). L’Emilia-Romagna è risultata quattordicesima per “variazione”, mentre nelle regioni con le quali più spesso si confronta, le imprese femminili crescono dello 0,7 per cento in Lombardia e dello 0,4 per cento in Veneto. È quanto risulta dai dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio elaborati da Unioncamere Emilia-Romagna.
La stabilità della consistenza delle imprese femminili deriva dalla composizione di tendenze ampiamente divergenti. Da un alto, quella positiva dell’insieme degli altri servizi, escluso il commercio (+512 unità, +1,3 per cento) e dell’industria (+31 unità, +0,4 per cento), mentre, dall’altro, quella negativa derivante dalla riduzione della base imprenditoriale nell’agricoltura (-292 unità, -2,3 per cento), nel commercio (-260 unità, -1,1 per cento) e nelle costruzioni (-21 unità, -0,7 per cento).
La tenuta delle imprese femminili è da attribuire alle società di capitale, che sono sensibilmente aumentate (+542 unità, pari a un +3,9 per cento), per effetto dell’attrattività della normativa delle società a responsabilità limitata semplificata. Questa ha contribuito alla sensibile riduzione delle società di persone (-315 unità, -2,4 per cento), alla quale si è affiancata una flessione delle ditte individuali (-273 unità, -0,5 per cento).Le cooperative e i consorzi continuano a fare registrare una leggera espansione (+1,2 per cento).
Negli ultimi quattro anni la demografia delle imprese ha un andamento migliore a livello nazionale, in particolare le imprese femminili sono aumentate in Italia (+0,5 per cento) e in dodici delle regioni italiane. L’incremento è stato più rapido in Sicilia (+1,4 per cento), nel Lazio e in Campania.