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Ricostruzione, le imprese: “A sei anni dal sisma tante cose fatte, alcune da concludere”

da | Mag 29, 2018 | | 0 commenti

Sono trascorsi sei anni da quella seconda scossa che ha messo il punto esclamativo su un tragico evento che ha determinato la morte di 28 persone, lo sfollamento di 45.000 cittadini 13 miliardi di danni e che ha minato la serenità, le sicurezze di un intero territorio. In assenza di una legge quadro sulle calamità naturali, che troppo spesso colpiscono il nostro Paese, l’azione svolta dalle istituzioni pubbliche, dalle imprese, dalle associazioni di categoria, dai tecnici ha rappresentato un vero e proprio un modello da studiare per definire i corretti comportamenti da assumere in caso di tragedie come il terremoto. Anche l’ordine degli interventi di ricostruzione – iniziati   dalle scuole e allargatisi poi, nell’ordine, alle fabbriche, alle case, agli edifici pubblici e ai luoghi di culto – rispondono ad una logica ben definita e condivisibile.

“Un percorso che, malgrado le positive azioni intraprese dal pubblico in questo contesto, non si è ancora concluso – sottolinea Paolo Vincenzi, presidente della CNA Area Nord, in occasione di questa triste ricorrenza – Ad esempio, occorre riconoscere che le imprese edili impegnate nella ricostruzione conto terzi, soffrono una crisi di liquidità che spesso le porta alla soglia della chiusura, a causa della lentezza nei pagamenti. L’impresa che esegue i lavori è quasi sempre in appalto alla capofila, che paga quando la Regione accredita i pagamenti, che a loro volta avvengono quando viene presentato lo stato avanzamento lavori da parte dei tecnici preposti. La piccola impresa però deve pagare gli stipendi e i contributi ed esibire il documento di regolarità contributiva per ricevere questi compensi, quindi pagando prima di incassare. E’ chiaro che questa situazione implica un ripensamento della catena dei pagamenti a tutela di questi soggetti”.

Ci sono poi le difficoltà delle attività nei centri storici, che coinvolgono direttamente il settore del commercio, i pubblici esercizi, le attività di servizio alle persone e alle cose. Occorre definire una normativa che incentivi le aziende di queste categorie ad adeguare la loro attività ai progetti che ogni singola amministrazione intende portare avanti. La stessa normativa è opportuno riconosca un contributo all’oggettivo disagio che le imprese in questione subiscono a causa dei cantieri aperti per la ricostruzione degli edifici pubblici e del culto, oltre ai lavori per il rifacimento delle opere primarie.

“Per il mondo del biomedicale è stato fatto molto – interviene Cesare Galavotti, vice presidente provinciale e presidente della CNA di Mirandola – Tecnopolo, Istituto Tecnico Superiore e incubatore sono belle realtà, vanto della capacità del territorio di fare squadra e coniugare la ricerca, il sapere, là dove l’impresa traduce queste ultime in realtà. Le piccole imprese, però, necessitano di uno sforzo ulteriore per rimanere all’interno di questo rinnovato ed ammodernato distretto”.

Anche le imprese della meccanica, che hanno un ruolo determinante per l’economia della “bassa“, hanno reagito positivamente alla ricostruzione. Trainate dai mercati europei, soprattutto quello tedesco, hanno saputo aggiornarsi e stare sul mercato. I contributi alla ricostruzione hanno reso possibile un’accelerazione nell’aggiornamento tecnologico e aziendale. La conferma viene dagli istituti tecnici locali, che hanno riferito di avere già ricevuto richieste occupazionali verso i futuri diplomati dell’anno in corso.

Quella data dal territorio, insomma, è stata una risposta di “sistema” e proprio per questo i risultati ottenuti sono stati estremamente positivi. Ma affinché questa risposta sia completa occorre rispondere tempestivamente a queste esigenze. Che non significa sminuire il formidabile lavoro svolto sino ad ora, ma implica avere la precisa consapevolezza delle esigenze ancora sul tavolo.

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