di Andrea Lodi
Sergio Marchionne è stato un innovatore. Ma non nel senso tradizionale del termine, inteso come colui che sa comprendere come migliorare un prodotto, un processo o una organizzazione.
Sergio Marchionne è stato un innovatore in quanto visionario, nell’accezione imprenditoriale del termine, inteso come colui che è in grado di avere una “vision”, ovvero di sapere guardare avanti, al futuro.
Molti però, all’inizio della sua carriera nel Gruppo FIAT, lo consideravano un visionario, non proprio nell’accezione positiva del termine, ma in senso dispregiativo. Condizione a cui sono destinati gli innovatori.
I primi anni in Fiat
Marchionne, forte di un curriculum di tutto rispetto, nel 2004 viene chiamato dalla famiglia Agnelli ad assumere il ruolo di Amministratore Delegato, dopo la morte di Umberto Agnelli.
L’anno successivo è alla guida di “Fiat Auto”. Marchionne, Lapo Elkann e Roberto Giolito (noto designer italiano che opera nel settore automobilistico) compiono il miracolo: rimettono in carreggiata un’azienda ormai prossima al fallimento. Il cavallo di battaglia di quegli anni è il rilancio del modello “Fiat 500”. Un grande successo mondiale che è piaciuto, e ancora piace, soprattutto agli americani.
La General Motors
Sempre nel 2005 Marchionne compie un altro miracolo. L’americana General Motors, possiede un’opzione di acquisizione “obbligata” (opzione put) di “Fiat Auto”. Il 14 febbraio di quell’anno i manager di GM attendono l’italo-canadese nella loro sede di New York, convinti di portarsi a casa il “prestigioso” marchio torinese.
Ma le cose, quell’anno, vanno diversamente. Marchionne vola a New York e presenta ai manager americani, non i bilanci di Fiat, ma quelli di GM. E li convince che per loro non è conveniente comprare la Fiat. Se lo facessero sarebbe il fallimento della General Motors. Il manager italo-canadese riesce a negoziare un accordo per evitare l’acquisto incassando al tempo stesso 2 miliardi di dollari per stracciare l’opzione put. Contento lui, contenti gli americani … e contenta la famiglia Agnelli.
Tra il 2005 ed il 2007 “Fiat Auto” lancia nuovi modelli di auto, ed il titolo in borsa passa da 4 a 23 euro.
La nascita di FCA
Nel 2009 assistiamo al terzo miracolo. L’Italia entra con prepotenza negli Stati Uniti: “Fiat Auto” acquista il 20% di Chrysler, diventando holding controllante di tutto il gruppo statunitense. Nel 2014 FIAT, con una serie di geniali operazioni giuridico-finanziarie (passatemi il termine), diventa proprietaria del 100% di Chrysler: nasce FCA (Fiat Chrysler Automobiles).
Dirà Marchionne a conclusione dell’incontro che sancirà la nascita di FCA: “Nella vita di ogni grande organizzazione e delle sue persone ci sono momenti importanti, che finiscono nei libri di storia. L’accordo appena raggiunto è senza dubbio uno di questi momenti per Fiat e per Chrysler. Sarò per sempre grato al team di leadership per il sostegno e per il loro incessante impegno nel realizzare il progetto di integrazione che oggi assume la sua forma definitiva”. Continua Marchionne: “questa struttura unitaria ci permetterà di realizzare pienamente la nostra visione di creare un costruttore di auto globale con un bagaglio di esperienze, punti di vista e competenze unico al mondo, un gruppo solido e aperto che garantirà alle sue persone un ambiente di lavoro stimolante e gratificante”.
L’uomo e il manager
Per governare in modo efficace le aziende sono richieste diverse competenze: non basta saper organizzare la gestione ordinaria, è necessario saper gestire soprattutto gli eventi straordinari. E per poterlo fare bisogna essere non solo manager nel senso tradizionale del termine, ma anche avvocati, esperti di finanza, psicologi e abili negoziatori. Marchionne nella sua vita aveva conseguito due lauree: una in filosofia ed una in giurisprudenza, oltre ad un master in economia. In un’intervista anni fa disse che la laurea più importante per lui fu quella in filosofia, perché gli “aprì la mente verso ampi orizzonti”.
Il leader moderno deve rompere gli schemi e non rassegnarsi ad accettare lo status-quo. In un settore altamente tradizionalista, rigido, chiuso in sé stesso, quale quello dell’automotive, Marchionne ha saputo rompere gli schemi. Andare al di là di un modello consolidato nel tempo che nessuno aveva mai avuto l’ardire di cambiare. Lo fece soltanto Henry Ford, ma siamo agli inizi del XX secolo, ed agli albori dell’automobilismo. Allora, il fondatore della “Ford Motor Company”, introdusse il sistema di lavoro della catena di montaggio, e consegnò agli americani un’automobile economica: la mitica “Ford T”, quella che abbiamo visto tante volte nei film di Stanlio & Ollio.
“L’ approccio passivo condanna le organizzazioni a morire”, scrive Nicola Bedin su ‘Il Foglio’. “Marchionne – continua Bedin – ci ha insegnato ad andare oltre, pensando al futuro in modo non convenzionale. Ciò non vuol dire essere originali per il gusto di esserlo, tutt’altro. Significa essere visionari”.
Un visionario che sapeva tradurre in gesti concreti le sue idee, anche quando sembrava essere l’unico a vederne la grandezza. E sapeva tradurre le sue visioni in cose concrete perché possedeva due grandi talenti: la determinazione e l’audacia. “Azzardate molto”, disse nel 2013 agli studenti della “Bocconi”.
Marchionne era un uomo d’azienda. Non amava molto i salotti, ma sapeva essere amico dei politici (quelli che contano), sia quelli di destra che quelli di sinistra.
Un manager moderno
FCA ha chiuso i bilanci del 2017 con un fatturato di 110,93 miliardi di euro. Una strana coincidenza con Google, che chiude il 2017 con un fatturato di 110,86 miliardi di dollari (che al cambio attuale corrisponderebbe a 94,75 miliardi di euro). Cambiano le valute, ma rimane la coincidenza dei numeri.
Certo, stiamo parlando di due aziende altamente differenti, per diversità di performance, di prassi aziendali, di cultura aziendale e di stile di direzione.
Google fattura 110,86 miliardi di dollari, ha un utile netto di 12,62 miliardi di dollari (redditività dell’11,38%), n° 88.110 dipendenti ed un fatturato per dipendente pari a 1,2 milioni di dollari.
FCA fattura 110,93 miliardi di euro, ha un utile netto di 3,51 miliardi di euro (redditività del 3,16%), n° 234.499 dipendenti ed un fatturato per dipendente pari a 473 mila euro.
Google vende sostanzialmente “visibilità”, sul motore di ricerca più potente ed utilizzato del mondo. FCA vende sostanzialmente automobili. Google ha degli uffici. FCA possiede degli stabilimenti, all’interno dei quali più di 230 mila dipendenti (2 volte e mezzo i dipendenti di Google) forgiano, tagliano, saldano, avvitano, assemblano il prodotto più desiderato dall’uomo moderno: l’automobile. Ma non fanno la stessa cosa gli informatici di Larry Page? Non forgiano, tagliano, saldano, avvitano e assemblano a loro modo, per consegnare allo stesso uomo un “oggetto” assai desiderato?
E la “visione” di Marchionne, quella che ha sestuplicato il valore di Fiat dall’ormai lontano 2004, che cosa ha riguardato? Che cosa ha determinato tale successo? Risposta: la visibilità.
Marchionne ha trasformato alcuni dei marchi più importanti di FCA in “beni di lusso”. E non parliamo solo della mitica Ferrari (che ha comunque saputo rilanciare), ma del marchio “Alfa Romeo”, molto apprezzato negli USA, del marchio “Jeep”, che sta avendo grandi performance, ma anche della stessa “Fiat”, che, ad esempio, con il modello “500” sta riscuotendo grandi successi, soprattutto negli USA.
Forse il paragone Marchionne-Page è un po’ tirato, me ne rendo conto. Va riconosciuto però ad entrambi “l’adozione di abiti non convenzionali”.