FINALE EMILIA – Massa Finalese è protagonista del tradizionale appuntamento con le Giornate Fai di Primavera, giunte alla 27esima edizione. Per l’occasione nella frazione di Finale Emilia si potrà visitare il Casino del Vescovo – “La Ghina”, raro esempio di casa padronale cinquecentesca, Villa Angela, di chiaro stile eclettico, e lo stabilimento del salumificio ex-Bellentani.
Sabato 23 e domenica 24 marzo 2019 la Delegazione Fai di Modena e il Gruppo Fai Bassa Modenese, propongono un fitto programma di aperture speciali, che in città prevede anche la visita a Palazzo Ducale, oggi Sede dell’Accademia Militare di Modena, per grandezza e fasto, tra le più prestigiose regge a livello europeo.
«Anche quest’anno il Fai a Modena e a Finale Emilia ha costruito un programma di visite di grande rilevanza culturale», ha sottolineato nel corso della conferenza stampa di stamattina Vittorio Cavani, Capo Delegazione del Fai di Modena. «Tut-to ciò come sempre grazie ai tanti volontari che ci supportano e agli Apprendisti Ciceroni che faranno da guida ai visitatori, ed alla preziosa collaborazione delle amministrazioni comunali».
Il Gruppo Fai Bassa Modenese propone la visita al Casino del Vescovo – “La Ghina” a Massa Finalese. Si tratta di un raro esempio di casa padronale cinquecentesca dalle sobrie linee architettoniche, chiaramente ascrivibili allo stile ferrarese che in questa zona da sempre ha rappresentato la matrice cul-turalmente più diretta ed il più naturale polo di riferimento. L’edificio si com-pone di un semplice corpo a pianta rettangolare, di solide proporzioni, che in-globa una torre strutturalmente indipendente, ma dalla tessitura muraria per-fettamente integrata con i prospetti del casino. Doveva essere una residenza agiata, quasi sicuramente commissionata da un prelato, come potrebbe far supporre una lapide in cotto murata in facciata, recante una data (1547) ed il sigillo arcipretoriale. Non a caso a poca distanza dal fabbricato fu costruito l’antico palazzo della Mensa Vescovile, eretto sul sito del preesistente castel-lo di Massa, che potrebbe ragionevolmente relazionarsi a questo. Il casino fu nel Settecento di proprietà della famiglia Grossi che lo cedette dopo breve tempo ai Grillenzoni; durante la seconda guerra mondiale venne adibito a scuola elementare e successivamente abbandonato, fino a quando gli attuali proprietari si sono occupati del recupero dell’edificio.
Sempre a Massa Finalese il Gruppo Fai Bassa Modenese, grazie alla dispo-nibilità della famiglia proprietaria, apre Villa Angela, villa ottocentesca, ma probabilmente di fondamenta più antiche, di proprietà di Luigi Grillenzoni di Carpi, fu acquistata all’inizio del secolo da Ferdinando Paltrinieri, ricco agri-coltore di Massa Finalese. Erano gli anni della costruzione del Castello del Carrobio, luogo ideale di riferimento per tutto il territorio circostante, che fu fat-to edificare da Vittorio Sacerdoti, poi Conte di Carrobio. Non per imitarlo, ma verosimilmente per emularne la dignità e il decoro, il Paltrinieri pensò a una trasformazione della villa affidandone il “restauro” di abbellimento al “murato-re” Gaetano Grillenzoni, impegnato nell’esecuzione dei lavori del Carrobio. Così la villa di impianto tipicamente padano fu trasformata in piccolo castello neomedievale.
In contrapposizione quasi di fronte a Villa Angela, ugualmente danneggiato dal sisma del 2012, si trova in grave stato di abbandono il salumificio Ex-Bellentani, che con la sua architettura dalle linee moderne, ci racconta della primissima industrializzazione del Novecento. La Ex-Bellentani fondata nel 1936 e dismessa nel 1981 con la cessazione di ogni attività produttiva, è stata un’azienda determinante per l’economia della zona e per l’occupazione che nel periodo di massima espansione ha raggiunto i 400 dipendenti. La fabbri-ca era la ricchezza del paese di Massa Finalese e ha permesso alle persone di migliorare la loro condizione sociale ed è stata il centro di una forte parte-cipazione politica e di importanti lotte sindacali. Il fabbricato sarà visitabile so-lo esternamente.
Per tutte le informazioni riguardanti la modalità delle visite si consiglia di con-sultare il sito www.giornatefai.it
Un monumento alle speranze perdute.
Storia narrata del salumificio Samis-Bellentani di Massa Finalese.
“La ExBellentani o ExSamis, come tutti la chiamiamo, è una realtà molto vicina e presente nella nostra comunità. Per noi che non l’abbiamo mai vista all’opera è un gigante abbandonato lungo la strada provinciale che ci ricorda l’urgenza, ma anche la grande difficoltà, nel trovare una soluzione al problema di uno storico contenitore industriale rimasto lì così, dal giorno della sua chiusura ad oggi, senza una bonifica od un progetto di riutilizzo. L’edificio è bellissimo!”
Parole pronunciate il 29 maggio 2012 in occasione della presentazione del libro curato dalla professoressa Adriana Barbolini: “Un monumento alle speranze perdute. Storia narrata del salumificio Samis-Bellentani di Massa Finalese”. Dopo poche ore la forza della natura avrebbe drammaticamente distrutto quello che rimaneva di questa antica fabbrica.
Obiettivo del libro era di ricostruire la storia del salumificio prima SAMIS, poi SAMIS-BELLENTANI e infine BELLENTANI attraverso la raccolta delle narrazioni di coloro che vi avevano lavorato e che ne erano stati protagonisti. Così, vista l’attesa della comunità di Massa di ripercorrere e ricostruire la propria storia intrecciando vita quotidiana e lavoro circa trentadue anni dopo il momento infausto della sua chiusura, è uscito questo testo che ne vuole celebrare la vita.
Il progetto ha richiesto tempo, la messa in campo di varie sinergie e la collaborazione di diversi enti, primi fra tutti lo Spi-Cgil di Massa Finalese e di Modena, che hanno offerto la loro organizzazione e reperito i fondi necessari anche per la ricerca d’archivio svoltasi in parte presso i depositi documentari di Massa e in parte presso l’Archivio Storico della Resistenza di Modena.
Ma altri due contributi sono stati tanto fondamentali: da una parte, quello di chi ha raccolto le storie e con grande dedizione e competenza le ha ricondotte a narrazioni coerenti e ricche di senso; dall’altra, quello di chi queste storie le ha narrate, regalando alla collettività le vicende di una parte importante della propria vita e, in particolare, alla descrizione del lavoro nelle sue mansioni e nelle sue procedure.
Ciò che ha reso unica l’esperienza al salumificio Bellentani, poi, è stata l’appartenenza politica e sindacale che ha accomunato la maggioranza degli operai, fornendo loro un comune linguaggio e uguali intenti di partecipazione e di lotta.
Per questo nelle pagine di questo libro si possono riconoscere oltre alla ricostruzione storica, lezioni di vita, di solidarietà, di mutuo aiuto. Esse mettono in risalto una grande passione civile e politica di chi ha narrato. E anche quando i ricordi sembrano più personali perché rievocano la zia, la figura del padre, l’andare tutti assieme a lavorare in bicicletta, ci si rende conto che a questi semplici atti viene dato un significativo valore culturale e sociale. I narratori infatti si sono fatti portavoce e interpreti rispondendo al diritto e al dovere di restare protagonisti della propria comunità che, pur essendo diventata diversa da quella che si era conosciuta un tempo, vuole ascoltare chi ha abitato quel territorio e può farne rivivere la specificità.
La storia della fabbrica è l’occasione per ripercorrere una lunga storia di lavoro, di lotte sindacali e di vite comuni che l’hanno abitata e animata. Fabbrica e paese sembrano essere stati un unico organismo vivente fino alla fine. Lavoro e vita civile erano intrecciati da un filo rosso che coniugava istanze private e collettive. Il grande edificio ha segnato la nascita del paese, è stato promotore di vita e di speranze. Oggi purtroppo le sue macerie non offrono grandi speranze per il futuro, ma ci parlano attraverso le storie narrate da chi lì ha lavorato e vissuto.
Adriana Barbolini