di Andrea Lodi
Il fatturato delle imprese italiane attive nella cosiddetta “economia circolare”, ammonta a circa 88 miliardi di euro l’anno, con quasi 600 mila addetti occupati. Un dato quest’ultimo in continua crescita. I consorzi della filiera del riciclo riuniti nel sistema Conai, hanno riciclato nel 2017 il 67,5% dei rifiuti di imballaggio prodotti nel nostro Paese nel medesimo periodo. Un dato in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente, che conferma l’Italia come un paese leader nell’economia circolare.
Il tasso di riciclaggio dei rifiuti in Italia è fra i più alti del mondo: circa il 45% dei rifiuti urbani ed il 65% dei rifiuti speciali viene recuperato.
Secondo il “Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2019”, realizzato dal Circular Economy Networked ENEA, l’indice complessivo di circolarità dell’Italia è in assoluto il più alto in Europa: con 103 punti, è al primo posto in classifica, seguita dal Regno Unito con 90 punti e dalla Germania con 88 punti. Seguono al quarto e quinto posto rispettivamente la Francia con 87 punti e la Spagna con 81 punti.
Un valore che rappresenta il livello dell’economia circolare in un determinato Paese, inteso come “grado di uso efficiente delle risorse, utilizzo di materie prime seconde e innovazione nelle categorie produzione, consumo, gestione rifiuti”.
Un risultato di tutto rispetto in un Paese povero di materie prime, ma con un sistema industriale di grande eccellenza, che ha saputo investire sul riciclaggio “intelligente”, ovvero in grado di migliorare le performance aziendali.
L’Italia dispone dei titoli per un rapido passaggio a un’economia pienamente circolare, ma occorre fare di più. Roberto Morabito direttore del Dipartimento Sostenibilità dell’ENEA afferma che “oggi il nostro Paese ha tutte le qualifiche per una transizione di successo dall’economia lineare all’economia circolare, ma occorre una gestione efficiente delle risorse in termini di tecnologie, metodologie e strumenti di pianificazione, gestione e misurazione”.
Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Circular Economy Network, afferma che “serve una visione politica e amministrativa che manovri le leve della fiscalità, degli incentivi all’innovazione in favore dell’economia circolare, che va pensata non come un comparto, ma come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico”.