SulPanaro.net ha realizzato 4 puntate sulle criticità del nodo idraulico modeneseIn questa prima puntata il giornalista Marco Amendola affronta le principali problematiche del disboscamento, del consumo di suolo e delle conseguenze di queste attività sui fiumi
Negli ultimi anni le precipitazioni cadute in Appennino si sono riversate nel giro di poche ore a valle lungo il Secchia e Panaro, alzando di conseguenza i livelli idrometrici del nodo idraulico modenese. In alcuni casi questa situazione si è innescata in seguito a una serie di coincidenze climatiche – neve, escursioni termiche, piogge – che hanno dato origine alle piene più significative avvenute negli ultimi anni.
Ma perchè l’acqua scende più velocemente dalla montagna verso valle? Si può individuare una spiegazione? Da una parte incide il cambiamento climatico con precipitazioni più intense in poche ore alternate a periodi di siccità; dall’altra c’è la situazione in cui versano le montagne.
Per capire meglio il contesto del nodo idraulico modenese occorre dunque risalire il corso dei due fiumi.
Per capire meglio il contesto del nodo idraulico modenese occorre dunque risalire il corso dei due fiumi.
Il Secchia ha origine dai monti dell’Alpe di Succiso nell’appennino reggiano: dai 1450 metri di altitudine il Secchia scende verso valle fino al Po con un percorso di 172 km, delimitando le province di Modena e Reggio. Anche il fiume Panaro nasce fra l’appennino modenese e bolognese intorno ai 1500 metri di altitudine, nella zona fra Corno alle Scale e Monte Spicchio, per poi scendere a valle verso Modena e arrivare fino al Po, con un percorso di 115 km.
E’ nelle zone di montagna che vanno individuate le concause prodotte dalle attività umane sul territorio e che hanno finito negli ultimi decenni per alterare il naturale ciclo idrogeologico delle acque come le attività di taglio legna e diradamento boschi, il consumo e l’impermeabilizzazione del suolo, la regimentazione delle acque. Oltre a questi fattori, sulle montagne ha inciso anche il progressivo spopolamento e l’abbandono che ha portato all’incuria dei territori.
L’Emilia-Romagna al 2018 conta 600 mila ettari di superficie boschiva, circa “il 30% della superficie totale della regione”, spiega una nota la Regione e recentemente ha fatto discutere la comunità montana nel reggiano in cui sono state tagliate ampie porzioni di bosco. Attività che seppur condotte all’interno di piani concordati per il taglio legna e in aree dedicate alla produzione di legname accendono sempre l’attenzione delle popolazioni. Un altro fattore è il consumo del suolo e l’impermeabilizzazione (cementificazione) del territorio.
Per fare un esempio, quando piove l’acqua non viene assorbita o fermata dal suolo ma è come se vi scivolasse sopra andando a confluire nel reticolo idrografico. In questo contesto si inseriscono inoltre le opere di regimazione (canali artificiali o opere idrauliche per esempio) che se da una parte contribuiscono a regolare le acque, dall’altra le indirizzano verso i fiumi. Il rapporto 2018 dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) spiega che “il terreno diventato artificiale che nel 2017 nella nostra provincia ha raggiunto i 31.800 ettari, un dato che colloca Modena al terzo posto per consumo di suolo in regione”, spiega Coldiretti Modena in una nota. Tanti fattori diversi che incidono sulla velocità dell’acqua.
GUARDA TUTTO IL NOSTRO SPECIALE EMERGENZA FIUMI
Puntata numero1 : cosa accade in montagna?
Puntata numero 2: Secchia e Panaro, l’erosione delle sponde e quegli argini insufficienti
Puntata numero 3: come funzionano le casse di espansione?
Puntata numero 4: ecco cosa succede nel groviglio di Modena Nord