Grande successo ha ottenuto la prova sul campo degli occhiali predisposti per la realtà aumentata, sperimentata per la prima volta in ambito nazionale presso la scuola media Montanari di Mirandola. Lo scopo è stato quello di favorire la nascita di modelli didattici innovativi orientatati alla inclusione degli alunni con disagio.
Lo scopo è stato quello di favorire la nascita di modelli didattici innovativi orientatati alla inclusione degli alunni con disagio. La prova doveva verificare la possibilità di avviare una interazione sincrona tra l’insegnante e l’alunno in modo da facilitare l’apprendimento nelle differenti discipline. In questo momento è possibile inviare le informazioni digitali nel “terzo occhio dello studente” e di poterle visualizzare, ma non di interagire.
È necessario avanzare nella realizzazione di un progetto per computer che consenta allo studente di comunicare in modo digitale con l’insegnante. Per Guido Zaccarelli, ideatore e promotore dell’iniziativa «questo dimostra l’importanza di promuovere iniziative che sostengano lo sviluppo tecnologico in quegli ambiti che spesso sono esclusi dalla ricerca perché focalizzati in ambito industriale e commerciale».
Nonostante questo, alla scuola secondaria di I grado “F. Montanari” continua la sperimentazione didattica con la realtà aumentata e virtuale. “Sono quasi due decenni che il nostro istituto sperimenta sistematicamente metodologie didattiche che prevedono l’utilizzo di strumenti tecnologici. Nel corso degli anni, la presenza di un team digitale particolarmente attente alle innovazioni ma consapevole della priorità del metodo rispetto agli strumenti, ci ha consentito, oggi, di costruire, su solide basi metodologiche, percorsi didattici tutti da sperimentare che prevedono il ricorso a questa nuova frontiera della tecnologia”, ricordano gli insegnanti del nuovo team digitale formato dalle professoresse Bruno Cecilia, Anna Perretta, Rosa Navarra, Serra Francesca, Elisa Golinelli, operative da questo anno scolastico.
“Il nostro obiettivo, in continuità con quanto realizzato negli anni dai nostri colleghi”, ricordano ancora gli insegnanti, “è praticare l’inclusione invisibile: un’offerta formativa che ponga al centro del processo di insegnamento – apprendimento le abilità e le fragilità di ciascun allievo, a partire dalle quali costruire percorsi formativi personalizzati, flessibili, efficaci, tenendo bene a mente, però, i traguardi per lo sviluppo delle competenze e gli obiettivi di apprendimento che caratterizzano il nostro segmento scolastico. La realtà aumentata e virtuale, nella varietà delle sue declinazioni didattiche, può sostenerci nel nostro obiettivo”, continuano gli insegnanti. “Ci stiamo muovendo nella direzione tracciata dal MIUR, dalle azioni del PNSD e dalla lungimiranza di personalità esterne alla scuola, come il dottor Guido Zaccarelli che appoggia e implementa le nostre progettualità”.
Alla prova su campo era presente alla la Dr.ssa Daniela Pederzoli, una mamma operativa presso un’associazione di volontariato che si occupa di disabilità infantile: «sono molto affascinata e incuriosita dal mondo della realtà aumentata. Ritengo che, una volta risolte alcune criticità, come ad esempio quella rappresentata dalla struttura degli occhiali, ancora non adatta all’uso quotidiano, l’impiego della realtà aumentata in ambito scolastico, così come nel sociale, possa diventare uno strumento facilitante (e inclusivo) per i nostri ragazzi. Penso in particolare a quelli più fragili, con disturbi dell’apprendimento o che rientrano nello spettro autistico o ancora con la sindrome di down, ecc. . Se si riuscirà ad ottenere un’adeguata customizzazione del prodotto, la realtà aumentata potrà diventare davvero una risposta tangibile alle esigenze più diverse. La voglia di esplorare questo sentiero c’è, le energie non mancano e tante idee stanno già affiorando alla mente».
In questo momento del tempo si invitano le aziende e le istituzioni ad avviare al loro interno azioni che possano contribuire a completare il progetto di sperimentazione in stretta sintonia con il corpo docenti perché possa ambire a diventare un progetto pilota da estendere, in base ai risultati ottenuti, a livello nazionale.