“Giustizia per la bimba di Mirandola portata nell’inferno di Bibbiano”. E’ quella che chiedono il senatore Enrico Aimi e il consigliere provinciale di Modena Antonio Platis, di Forza Italia. Lo ribadiscano a commento del ridimensionamento delle misure cautelari decise per lo piscoterapeuta Claudio Foti, che non è più agli arresti domiciliari ma ha solo l’obbigo di firma.
Fanno osservare i due esponenti di Forza Italia:
Nelle parole dei difensori di Foti, e non si ritiene che sia solo uno scaricabarile, si evidenziano le responsabilità degli enti locali, anche quelli dell’Area Nord.
È cosi’ sempre più stretto il filo che lega l’Unione Area Nord a Bibbiano. La bambina allontanata dalla famiglia a Mirandola nel 2011, poi spedita nel 2013 ad una comunità di Parma (legata al Cismai e al Centro Hansel e Gretel), successivamente affidata al cento La Cura di Bibbiano, è stata “dirottata” da quegli stessi servizi sociali che nel periodo 2008-2016, firmavano le determine degli affidamenti diretti al Cenacolo Francesco; gli stessi servizi che predisponevano le lettere “ciclostile” (sempre uguali ogni anno) da inviare alle famiglie della bassa che chiedevano conto dei loro bambini, strappati a fine anni 1990.
I difensori di Foti dicono chiaramente che le responsabilità non possono essere del loro assistito, perché cittadino “privato”, ma vanno ricercate nel pubblico. E qui – incalzano Aimi e Platis – possono parlare le assurde determine del 2017 con la Val d’Enza, così come le fredde carte di 20 anni fa.
L’avvocato di Claudio Foti, soddisfatto per la revoca degli arresti domiciliari (ma in realtà permane l’obbligo di dimora), scarica sui Comuni ogni responsabilità in quanto, essendo lo psicologo un privato e non un funzionario pubblico, non può avere commesso il reato di abuso in atti d’ufficio. Il ministro Grillo chiede solo ora all’ordine professionale di valutare la sospensione di Foti, mentre il procedimento doveva essere radicato immediatamente.
I ministri grillini, che ben poca voglia hanno di dare corso a controlli seri, dicono che è responsabilità degli enti locali la gestione dei servizi sociali. Un teatrino dell’assurdo fatto di mezze verita’ .
Questa situazione, invece – sottolineano Aimi e Platis – evidenzia due criticità: quella dei bandi pubblici, compresi anche quelli della bassa modenese del 2001 e non prescritti (il potenziale danno erariale di oltre 2milioni di euro è stato reso pubblico solo nel 2018), cui la magistratura contabile dovrebbe fare luce; e quella
relativa alla debolezza dell’Ausl che condivide i 2/3 dei costi e coordina tutti i centri di neuropsichiatria infantile che non possono non essersi resi conto di ciò che si stava verificando sotto i loro occhi. Già nel 2018 denunciammo questo passaggio dei Piani di Zona della Val d’Enza (2018-2020), a pagine 88: “Ad oggi sono 206 i bambini e le bambine in carico al Servizio Sociale della Val d’Enza per abuso sessuale e grave
maltrattamento su oltre 1200 bambini in carico”. Numeri irreali per una popolazione così piccola. Numeri agghiaccianti se pensiamo che anche una bimba mirandolese è stata portata proprio in quell’infermo.