MIRANDOLA, SAN FELICE, FINALE EMILIA, CAMPOSANTO, CAVEZZO, CONCORDIA,MEDOLLA, SAN PROSPERO E SAN POSSIDONIO – A seguito dell’avvio del servizio di cura a per le persone considerate in stato di fragilità abbiamo contattato la sindaca Lisa Luppi, che in Unione Comuni Area Nord riveste la carica di vicepresidente e assessora ai servizi sociali e alle risorse umane, per chiedere alcune delucidazioni su come questo verrà messo in pratica.
Buongiorno sindaca, iniziamo parlando innanzitutto di chi avrà il compito di realizzare nella pratica questo servizio di assistenza. Come mai è stata scelta ASP invece che affidarsi, ad, esempio, alla rete di associazioni di volontariato?
La scelta è ricaduta su ASP in quanto essendo una vera e propria azienda deve rispondere a tutta una serie di normative e quindi è in grado di dotare i propri dipendenti, che faranno le consegne, di tutti i dispositivi di protezione. In più le persone che girano così sono sempre le stesse (e quindi riconoscibili).
Anziani e disabili saranno gli unici a poter fruire del servizio?
No, un secondo percorso previsto per questo servizio è quello di offrire le stesse risposte, quindi farmaci e beni primari (spesa e pasto), alle persone poste in quarantena preventiva, quindi che possono essere covid-positive. In questo caso il medico di medicina generale può segnalare la situazione alle assistenti sociali del PUAS (Punto unico di ascolto socio sanitario), che è il punto di interrelazione tra la ASL e i servizi socio- sanitari, i quali a loro volta informeranno ASP per la fornitura dei servizi a disposizione. Deve essere valutata l’assenza di una rete familiare o amicale che possa, senza rischi di contagio, fornire questi beni.
Ma nonostante questo, le persone che siano affette da una disabilità grave o, ad esempio, da demenza senile, e che quindi avevano necessità del monitoraggio costante offerto dal centro diurno, al di là della consegna delle medicine e dei pasti sono lasciate a loro stesse durante la giornata?
E’ chiaro che le situazioni sono conosciute e monitorate dal servizio della non-autosufficienza, quindi è difficile pensare che ci sia un disabile grave non già seguito. Quelli che non hanno una rete familiare, o una rete debole, sono già all’interno di strutture residenziali, e questo da prima del Covid. Invece per quelle famiglie che hanno delle difficoltà e che facevano uso del servizio del centro diurno, il servizio per la non autosufficienza può fare dei progetti specifici a domicilio, che stanno venendo studiati. E’ chiaro che non sia la stessa cosa del centro diurno, non può esserlo, ma possono essere dei servizi che temporaneamente vanno a sopperire. E’ un mondo nuovo anche per noi, noi sindaci in area nord ci parliamo ogni giorno circa un’ora in videoconferenza, per coordinarci, e una delle indicazioni che è uscita da questo tavolo dei sindaci è quella di fare in modo che le assistenti sociali chiamino tutti i casi che hanno in carico, in modo da capire telefonicamente se ci sono delle situazioni di fragilità che possono manifestare delle particolari criticità. Quindi il monitoraggio proveremo a farlo su tutte le situazioni, partendo da quelle che possono avere maggiori difficoltà. Quello che io posso immaginare, dato che le situazioni emergenziali sono da gestire momento per momento, giorno per giorno, è che se questo stare a casa di tutti quanti dovesse essere prolungato nel tempo ci potrebbero essere delle situazioni già socialmente fragili che potrebbero andare in crisi. Per questo è importante che ci possa essere un monitoraggio degli assistenti sociali e che l’ASL possa attivare anche uno sportello telefonico di supporto psicologico, poiché ci potrebbero essere persone che hanno la necessità di essere ascoltate e supportate.
Questo servizio è già attivo e sta già rispondendo ai bisogni delle persone? Se si quante?
I dati aggregati in questo momento non li possiedo, anche perché abbiamo attivato il servizio solo da una settimana. I numeri delle persone in quarantena sono in crescita ma non sono paragonabili a numeri di altre zone della Lombardia o d’Italia, quindi io posso dire che sul mio comune, Cavezzo, ci sono 25 persone che hanno telefonato ma per il tema degli anziani, però noi ci stiamo attrezzando per numeri che, speriamo di no, potrebbero anche aumentare. Ad esempio, gli assistenti sociali quando chiamano chiedono se c’è una rete familiare ma anche se i figli stanno bene, perché un anziano potrebbe avere il problema che la famiglia ad un certo punto gli va in quarantena.
Ultima domanda: quanto personale è dedicato a questo e, in vista della possibile ondata di contagi, è previsto di impiegarne o assumerne altro?
Noi abbiamo aggiunto una figura di assistente sociale al PUAS che dovrà occuparsi delle persone in quarantena, dopodiché c’è anche da dire che c’è tutta una serie di attività che al momento sono sospese, come gran parte dell’attività ordinaria. L’unione garantisce i servizi primari, quelli imprescindibili come dice la norma, e quindi il personale si turna, lavora da casa con il lavoro agile e tutta l’organizzazione del lavoro è completamente diversa. L’assistente sociale prima citata si occupava di altro e adesso è stata spostata al PUAS, come saranno spostati altri nel caso i numeri dovessero diventare più significativi. La verità è che noi ci aspettiamo nelle prossime settimane il picco dell’emergenza ma non siamo ancora in grado di sapere quante persone avranno bisogno di assistenza, noi però abbiamo costruito le procedure in modo tale che siano già attive, prima con numeri più limitati in modo che entri a regime, perché per tutti noi è una esperienza nuova, e poi dopo se dovessero arrivare numeri più importanti, sperando di no, saremmo pronti. Io purtroppo o per fortuna ho vissuto anche il terremoto e il tema dell’emergenza è che bisogna sempre restare lucidi, ragionare sui bisogni giorno per giorno e cercare di costruire giorno per giorno delle procedure più leggere e meno burocratiche possibili per far girare e rispondere ai bisogni il più velocemente possibile.