A cento anni di distanza, martedì 7 aprile, alle 9, il Comune di Modena ricorda le vittime dell’eccidio di Piazza Grande che avvenne proprio il 7 aprile del 1920 durante una manifestazione per i diritti dei lavoratori. All’iniziativa, organizzata ai piedi dello Scalone del Municipio, dove nel 2016 venne posata una targa commemorativa, partecipano il sindaco Gian Carlo Muzzarelli, il presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi, e alcuni discendenti delle cinque persone uccise durante la repressione da parte della forza pubblica: Linda Levoni, Stella Zanetti, Antonio Amici, Evaristo Rastelli e Ferdinando Gatti.
La commemorazione, organizzata nel rispetto delle misure di sicurezza sull’emergenza sanitaria, prevede la deposizione di una corona di fiori e si inserisce nel percorso di rievocazione e riflessione sui conflitti del lavoro nel Novecento intrapreso negli anni scorsi dall’Amministrazione.
Un approfondimento della vicenda è stato realizzato dall’Istituto storico di Modena e dal Centro documentazione donna realizzando un racconto web (un video e tre podcast audio) con una ricostruzione curata dal giornalista e storico Fabio Montella, che ha consultato documenti inediti conservati all’Archivio centrale di Stato di Roma e all’Archivio di Stato di Modena. Sono previste tre puntate, a partire da martedì 7 aprile alle ore 10 sul sito https://rivoluzioni.modena900.
Il 7 aprile 1920, durante il primo dei quattro giorni di sciopero proclamati dalle due Camere del Lavoro (quella Sindacalista e quella Socialista) per protestare contro l’uccisione a San Matteo della Decima di otto lavoratori e dell’oratore durante una manifestazione a sostegno di una vertenza agraria, i lavoratori modenesi si radunarono in piazza Grande dove la forza pubblica aprì il fuoco, uccidendo quattro persone e provocando la morte di una quinta a seguito delle ferite riportate.
L’episodio si inquadra in una fase tragica della storia nazionale, fra la fine della Grande Guerra e l’avvento del Fascismo, segnata da dure lotte per il lavoro, da violente repressioni di esercito e forze dell’ordine, da pesanti divisioni e scontri, anche violenti, fra le stesse forze popolari e dalla nascente, crescente violenza fascista, via via sempre più tollerata, quando non agevolata, da alcuni settori dello Stato.