“I bambini delle matere di San Felice sono stati dimenticati”, scrivevamo qualche giorno fa. Il nostro articolo ha creato dibattito, amche perchè quello che stanno vivendo i più piccoli cui da quasi due mesi è stata tolta la possibilità di andare a scuola, è una situazione che si vede dappertutto. Eppure ci sono esperienze diverse, come quelle che ci racconta Roberta Di Natale, coordinatrice pedagogica nidi e scuole dell’infanzia paritarie cattoliche FISM del distretto di Mirandola.
Scrive la Di Natale:
In merito all’articolo comparso sul vostro giornale on line “San Felice e i bimbi delle materne dimenticati” mi piacerebbe raccontare -sperando nella pubblicazione di riflessioni e racconto- come le scuole che ho il privilegio di coordinare hanno risposto, volontariamente, a bambini e famiglie sin dai primi giorni di questa emergenza.
In questo tempo sospeso, dettato da chiusure, da divieti ad incontrarsi e a stare vicini, le scuole aderenti alla FISM del distretto di Mirandola*, non si sono dimenticate la loro missione educativa: mettere al centro il bambino e la cura delle relazioni.
L’invito a fermarsi, tradotto in misura crescente dai diversi DPCM usciti in queste settimane, ha fatto registrare, di contrasto, un aumento nella corsa al recupero. La scuola non ne è stata esclusa: piattaforme on-line, formazioni a distanza, attività didattiche in remoto…E la relazione? Lo strumento di educazione per eccellenza, che posto ha occupato in queste preoccupazioni?
È questa la domanda che ha guidato le riflessioni del coordinamento pedagogico FISM nell’assistere a questi tentativi di compensazione del tempo perduto: ci siamo interrogati molto su cosa, nelle nostre scuole, davvero non potevamo correre il rischio di perdere.
La risposta è arrivata proprio dai nostri servizi educativi: maestre, cuoche, ausiliarie, esperti…tutte le “comunità educanti” delle nostre scuole hanno dimostrato di avere a cuore la relazione con i bambini e le famiglie, cercando di raggiungerli, anche nella distanza forzata.Avvicinarsi ai bambini, far sentire la presenza in un momento in cui il contatto fisico è bandito, è stato l’unico modo per creare un “ponte” con la quotidianità delle scuole -così bruscamente interrotta- e rassicurare sulle relazioni che lì dentro sono nate.
Ecco allora che insegnanti (ma non solo, abbiamo visto!), rigorosamente a distanza, si sono attivate sin da subito per farsi sentire dai bambini.
Il coordinamento pedagogico ha raccolto, condiviso, mediato queste iniziative, diverse, ma con un denominatore comune: far sentire i nostri piccoli “pensati”.
Per fare questo, abbiamo necessariamente dovuto riconoscere nella tecnologia un utile alleato, un complice prezioso che abbiamo interpellato con l’obiettivo di far sentire la nostra presenza, discreta ma vera, ai bambini e alle famiglie delle nostre scuole.Per non correre il rischio di farci travolgere dal vortice del “recupero” del tempo perduto, le iniziative sono state declinate enfatizzando la sfera relazionale ed emotiva, fuggendo dall’assegnazione di “compiti a casa” o dalla tentazione di recuperare attività che non si è riusciti a mettere in campo a causa della forzata chiusura delle scuole.
Come? Salutando bambini e famiglie, dicendogli di voler loro bene, di sentirne la mancanza, di essere certi che presto si tornerà insieme, che andrà tutto bene, come recita l’hastag di un’iniziativa nazionale che in tanti hanno accolto.Sono state proposte letture -pensate e selezionate con cura- da fare con mamma e papà, o da ascoltare direttamente dalla voce delle maestre che, spesso, si sono fatte anche vedere, riproponendo rituali noti in grado di restituire la quotidianità scolastica.
C’è chi ha invitato i bambini a raccontarsi con i disegni, “parole mute” con cui i piccoli spesso parlano, chi si è cimentato in filmati da regalare; chi la mattina dà il buongiorno e la sera saluta con un pensiero accorato; chi si ricorda del compleanno di un bambino e invita tutti, proprio come quando si è a scuola, a fare un disegno d’auguri per lui… C’è la cuoca che insegna la ricetta dei biscotti preferiti…chi invita a ringraziare chi sta lavorando per noi (medici, infermieri, polizia, vigili del fuovo protezione civile etc..), raccogliendo disegni e facendone un collage da regalare…La condivisione di queste azioni, possibile da una rete di scuole che è sempre stata in contatto, le ha rese virali, molto più contagiose e veloci del Coronavirus, testimoni di un’unità d’intenti e di una medesima predisposizione alla cura delle relazioni, sostenuta da anni di formazione comune sul tema.
Tutto questo con una grande, unica, consapevolezza: le “connessioni” a distanza non sono un tentativo di instaurare relazioni virtuali, che non ci interessano e non intendiamo promuovere. Il desiderio che guida queste iniziative è far sentire i nostri bambini pensati, far sentire, semplicemente, che la sospensione delle attività didattiche non sospende i legami, le relazioni reali che nelle scuole sono nate e che rappresentano l’aspetto che contraddistingue il nostro agire educativo e a al quale teniamo di più.
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