FINALE EMILIA E SAN FELICE – La storia di Jennifer Palma- titolare di un centro estetico a San Felice da 5 anni- racconta meglio di tante dichiarazioni ufficiali, le difficoltà di una categoria di lavoratori che si sente abbandonata dal Governo e dalle misure di sostegno attivate per le piccole imprese. Una condizione che accomuna tristemente la maggior parte degli imprenditori del settore e che fa eco alla lettera di Gabriella Garofalo, pubblicata proprio sul nostro giornale qualche giorno fa.
Jennifer ha 32 anni, due figli e una passione viscerale per il suo lavoro: si percepisce dall’eccitazione con cui parla dei nuovi macchinari, dal tempo che dedica ai corsi di formazione e dagli investimenti che continua a fare nonostante le circostanze avverse. “Ultimamente ho pensato di mollare”- racconta- ” Ma questo lavoro mi piace così tanto che non potrei mai fare altro”.
Ma la passione purtroppo non paga i conti a fine mese e quelli del centro estetico di Jennifer sono presto fatti: “Ogni mese devo far fronte a 800 euro di mutuo e all’affitto dei miei macchinari che ammonta a 600 euro. A queste spese fisse devo aggiungere tutte quelle di gestione”. Ma la giovane estetista non è rimasta con le mani in mano in queste settimane di lockdown forzato e nonostante le preoccupazioni, i sacrifici e un bimbo di sei mesi si è organizzata come ha potuto:” In queste settimane ho pianificato delle consegne a domicilio (più per servizio alle mie clienti che per profitto), acquistato una nuova tecnologia per il mio centro e sto familiarizzando con l’agenda online per gli appuntamenti. Cosa avrei detto alle mie clienti alla riapertura, non ho nulla da offrirvi?”
Il Governo ha segnalato le direttive per far ripartire il settore in completa sicurezza: documento per il rischio biologico che costerà 600 euro alle imprese senza dipendenti ( e molto di più per quelle invece che ne hanno), svolgimento dell’attività esclusivamente su appuntamento, presenza di un solo cliente per volta in area reception, posizionamento di soluzioni disinfettanti all’ingresso e in corrispondenza di tutte le postazioni lavoro a disposizione di operatori e clientela, paraschizzi per reception e postazione manicure e ovviamente l’utilizzo di mascherine chirurgiche e FFP2 e visiere.
Anche sull’impennata di abusivismo che già di norma affligge il settore, la ragazza ha le idee molto chiare:” Se vogliono lavorare in casa va bene, ma che aprano almeno la patita Iva”- puntualizza- ” Chi come me ha scelto di aprire un centro estetico si preoccupa ogni giorno di utilizzare prodotti di qualità e rispettare tutte le normative igienico-sanitarie. Le prestazioni fatte in casa possono anche costare un po’ meno, ma non si può mai essere certi sul rispetto delle norme e sui prodotti che vengono usati”.