“Diritto alla scuola – Senza scuola non si lavora”, ecco la campagna delle mamme e dei papà che lavorano tra Modena, Bologna e Imola e che dopo due mesi di scuole chiuse, stanno facendo da maestri, assistenti informatici, educatori, e ora si sono organizzati per ricordare che “non è un passatempo, né un posteggio: la scuola è un luogo fondamentale per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei nostri bambini: la scuola è un diritto, oltreché un dovere. Le famiglie e il tessuto produttivo dell’Italia sono due facce della stessa medaglia: togliere la scuola significa togliere il lavoro ai genitori, ma soprattutto compromettere la salute, lo sviluppo e l’educazione dei figli”.
Per far sentire lal loro voce stanno usando tutti i canali social: una pagina Facebook (https://www.facebook.com/dirittoallascuola), un sito internet (www.dirittoallascuola.org) e anche una pagina Instagram dove danno volto ai tanti professionisti e genitori che stanno chiedendo a gran voce di essere visti ed ascoltati.
Hanno redatto un manifesto:
Siamo persone normali, abituate a compiere il proprio dovere, che oggi sentono il bisogno di alzare la voce. I temi della scuola, del lavoro e dei diritti dei bambini devono tornare ad essere centrali nell’agenda del Paese.
Nella fumosa progettazione della cosiddetta “Fase 2” le famiglie sembrano soltanto una categoria astratta, scollegata dal mondo del lavoro e dell’economia. Si ignora, colpevolmente, che proprio le persone rappresentano l’anello di congiunzione tra la dimensione economica di un Paese e quella sociale. Si parla dei lavoratori perché è necessario riavviare le attività produttive, ma se i lavoratori diventano persone, con famiglie da tutelare, improvvisamente non se ne parla più. I genitori sono invisibili agli occhi dei nostri governanti e, con loro, i bambini.
Ancora una volta, in questo Paese essere genitori è una questione privata, non meritevole di considerazione da parte di chi progetta il nostro futuro e le sorti di un Paese che, evidentemente, ha dimenticato un particolare importante.
I nostri figli sono la società di domani.
Un Paese capace di progettare il proprio futuro sa che i bambini e i ragazzi sono un bene prezioso da coltivare.
Garantire la formazione dei bambini non è un lusso, ma una necessità primaria. La scuola non è un passatempo, né un posteggio: la scuola è un luogo fondamentale per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale dei nostri bambini. Il ritardo nella ripresa delle attività scolastiche avrà un profondo impatto sociale, perché la scuola è un luogo di integrazione e in certi casi, purtroppo, anche di protezione dei minori.
E infine ci siamo anche noi. Abituati da sempre ad arrangiarci nella difficile arte di incastrare esigenze familiari e professionali, oggi ci troviamo a dover scegliere tra la responsabilità di portare avanti il nostro lavoro e la necessità di prenderci cura dei nostri figli. Inutile dire quale tensione ciò possa creare nelle nostre famiglie. Inutile dire che saranno, ancora una volta, tante donne a sacrificare la propria ambizione professionale, con buona pace delle già pessime statistiche sull’occupazione femminile in Italia. E che non saranno solamente gli individui a perdere, ma tutto il sistema economico e produttivo del nostro Paese, che spende risorse a formare professionalità qualificate e poi le perde a causa di politiche sociali miopi ed arretrate.
Oggi noi non vogliamo tacere.
Vogliamo che tutti i genitori come noi, che ogni giorno lavorano in silenzio, alzino la voce per farsi sentire. Occorre cercare e trovare soluzioni che possano rispondere alle esigenze di tutta la società: non abbiamo la risposta in mano, siamo consapevoli che l’orizzonte è incerto e bisogna procedere con cautela, pronti a rivedere i piani sulla base degli eventi, ma in nessun caso l’incertezza giustifica la rinuncia ad agire.
Non vogliamo sentirci dire che per i nostri bambini si può attendere: non si può e non si deve attendere.
La scuola deve seriamente entrare nell’agenda di governo e diventare il punto cruciale di qualunque piano di ripartenza del Paese: non va lasciata alle capacità dei dirigenti scolastici, alla dedizione dei singoli docenti o derubricata a problema privato.