“Qui i bimbi hanno più limitazioni dei carcerati. Noi avviliti e indignati”. E’ lo sfogo di un educatore che sta lavorando in uno dei centri estivi della Bassa Modenese, appena riaperti secondo le norme anticontagio da Coronavirus. Norme stringenti e rigide, che peraltro hanno un costo economico notevole che ha reso i centri estivi una batosta finanziaria per le famiglie e che ora mostrano problemi anche sul piano sociale ed educativo.
E se questo è il modello che si pensa si realizzare anche a settembre per le scuole – è la riflessione – c’è davvero da preoccuparsi.
Scrive l’educatore, di cui tuteliamo l’anonimato:
Sono un Educatore di un centro estivo della Bassa Modenese. Le condizioni in cui stiamo lavorando rasentano la follia. I bambini, a parte dover portare sempre la mascherina, anche con questo caldo, devono stare distanziati sempre, anche all’interno dello stesso gruppetto, non possono nemmeno giocare con una palla, perché la normativa dice che ognuno deve giocare coi propri giochi e non si possono condividere oggetti, ognuno per esempio deve avere i propri colori e nel caso mancasse qualcosa all’amico di fianco non può prestarlo.
Noi educatori lavoriamo incessantemente per cercare di tenere i bambini impegnati in svariate attività pensate e strutturate stando a distanza, ma sinceramente i bambini faticano a lasciarsi andare, sono insofferenti e non vedono l’ ora di andare a pranzo per poi andare a casa.
Gli anni scorsi fare il centro estivo voleva dire condivisione, giochi tutti insieme, abbracci, gite, balletti e laboratori INSIEME. Ripeto la parola “insieme” perché anche se ora ci illudiamo di tenere insieme a piccolo gruppo questi bambini, in realtà sono soli. Educare senza contatto fisico, condividere sempre solo distanziando non ha senso.Quello che sto facendo non ha niente a che fare con tutti gli insegnamenti di pedagogia che mi sono stati impartiti durante i miei studi. Vogliamo davvero questo per i BAMBINI? Io non sono felice, mi sento castrata nel mio ruolo di Educatore, mi sento di non riuscire a svolgere bene il mio lavoro, mi sento di fare del danno! Si perché, io spero sia un momento davvero transitorio ma secondo voi, se questi bambini dovranno subire tutto questo per esempio per un intero anno scolastico, cosa si porteranno dietro?
Come si fa a stare tutta la giornata a insegnare a qualcuno di non toccare gli altri, di non toccare nulla, di non parlare troppo vicino, di non essere altruista o generoso? Quando tutto intorno ai bambini è ripartito, ma loro non possono sussurrare un segreto nell’orecchio di un amico o prestare una matita senza sentirsi ripresi perché non si può fare. Quando sono tristi e nessuno gli può dare un abbraccio?
I bimbi disabili ovviamente faticano più di altri a seguire le nuove regole, e si finisce per passare la giornata a tentare di far tenere la mascherina, senza realmente progettare un percorso di integrazione con gli altri, che in queste condizioni è veramente difficile per tutti quanti, figuriamoci per chi necessita più sostegno nelle relazioni.. Sono molto avvilito e indignato, e come me molte mie colleghe e colleghi.
Ce la stiamo mettendo tutta, lavorare così è molto complicato e impegnativo, ma quello che stiamo facendo è folle e dannoso. La cosa ridicola è che tutte le istituzioni si vantano della ripartenza dei servizi per i bambini, senza chiedersi se stiamo facendo bene come comunità educante a fare questo.
Leggo articoli autocelebrativi dai vari comuni ma io vorrei chiedere loro: “Siete sicuri che quello che stiamo facendo ai bambini vada bene?”Nemmeno un carcerato ha tutte queste limitazioni. Questa sarebbe una ripartenza?
Maria Montessori diceva: “L’associarsi porta forze nuove; stimola le energie. La natura umana ha bisogno della vita sociale, tanto per il pensiero che per l’azione”.
Lo stiamo facendo davvero? Io dico di no.