MIRANDOLA – Ci sono quelli che scelgono di tornare a casa dopo gratificanti esperienze all’estero (come la giovane mirandolese Giulia Voza) e quelli che invece, una volta lasciato il “nido”, fanno proprio fatica a immaginare un futuro in patria: sono i cervelli in fuga. Bistrattati da un Governo che li considera troppo “choosy” o “bamboccioni incapaci di lasciare mammà” che scelgono inevitabilmente di varcare i confini nazionali: un’opzione non sempre semplice e presa a cuor leggero,ma spesso necessaria per chi è alla ricerca non tanto di un futuro stabile, quanto di una più ampia possibilità di scelta.
Le emigrazioni degli under 34 si riconfermano come un fenomeno in continua crescita, anche se se ne parla sempre meno: dopo l’esodo dal sud al nord, i giovani che optano per l’estero sono sempre più numerosi. Non solo una parentesi di vita per imparare altre lingue e immergersi in altre culture ma una necessità che i giovani sentono di dover affrontare.
Enrico Luppi, nato e cresciuto a Mirandola, si è trasferito in Olanda dopo una laurea triennale in scienze della comunicazione conseguita a Bologna. Racconta: “Studiare all’estero è sempre stato il mio sogno, nonostante le resistenze della mia famiglia. Pensavo di tornare in Italia finito il master, e invece il prossimo 20 agosto festeggerò i miei 7 anni ad Amsterdam”. Dopo il master all’università della capitale olandese e una trainership di sei mesi, l’arrivo del primo impiego come Online Marketer dopo neanche un anno dalla fine del corso olandese.
Oggi Enrico è al suo secondo lavoro, ha 29 anni,parla correntemente tre lingue (l’inglese, l’olandese e lo spagnolo) e lavora come digital advertising per la Van Moof: una nota azienda olandese che dal 2009 produce innovative biciclette urbane e ha negozi in quasi tutto il mondo.
Ad Amsterdam si sente a casa (tanto da pensare di acquistarne una) ma non si considera arrivato e accarezza la possibilità di trasferirsi altrove (magari a Barcellona). Tornare in Italia? “Mai dire mai, ma per il momento non è nei miei programmi”.
Ci tiene a raccontare la sua esperienza, sperando che presto esempi come il suo possano “smettere di rappresentare un’eccezione”. “Non ho fatto nulla di grande – spiega il giovane – Ma una cosa voglio dirla: appena arrivato è stata dura – confessa- Quando si parla dei trasferimenti oltre confine non si racconta mai di quanto sia difficile l’inizio, le prime settimane facevo fatica a dormire, ho avuto paura di non farcela”.
Gli chiedo se ha mai pensato di mollare: “Sicuramente si, poi ho pensato che avere coraggio significa anche avere paura e non mollare, quindi eccomi qua”.