Durante la pandemia una piccola impresa su tre (il 32,2%) ha riorganizzato tutta o una parte dell’attività in modalità smart working, tra queste quasi un quarto (il 23,2% del totale) ha ampliato soluzioni già esistenti e testate, mentre oltre i tre quarti (il 76,8%) ha implementato soluzioni temporanee a seguito dell’emergenza. I dati sono di una ricerca dell’Ufficio studi Lapam e riguardano le micro e piccole imprese dell’Emilia-Romagna. Di fatto, dunque, un terzo delle imprese più piccole hanno trovato nel lavoro agile, teoricamente non solo da casa (ma che nel periodo del lockdown è stato evidentemente è stato svolto tra le mura domestiche), una soluzione per proseguire l’attività. Tra le micro e piccole imprese che non hanno adottato procedure di smart working (poco più dei due terzi del totale) la stragrande maggioranza, il 92,6%, ritiene che questo strumento non sia compatibile con le attività che svolgono.
La ricerca Lapam, dunque, fa emergere come le micro e piccole imprese si siano interrogate e abbiano trovato, per quanto possibile, una modalità per proseguire il lavoro. Sempre per far fronte alle necessità scaturite a seguito della diffusione della pandemia, si osserva in questo periodo un incremento della platea di MPI attive sul canale e-commerce. La quota si attesta intorno all’11%, con un tasso di attivazione del 30% e un tasso di sviluppo potenziale del 56%.
A proposito di digitalizzazione, Lapam
La digitalizzazione di molte procedure della pubblica amministrazione permetterebbe di snellire la burocrazia e accorciare i tempi. A oggi in Emilia-Romagna solo il 62% dei comuni permettono di svolgere almeno un servizio totalmente on line (dall’avvio alla conclusione), per contro ciò significa che più di un comune su tre non offre questa possibilità. La strada è ancora lunga…