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Manifattura, gli esiti del lockdown a Modena vedono in sofferenza il commercio modenese

da | Giu 22, 2020 | Mirandola, Bomporto, Carpi, Lavoro | 0 commenti

L’epidemia di Covid ha inciso pesantemente sulle imprese dell’Emilia-Romagna e della provincia di Modena, lo evidenziano i risultati dell’indagine congiunturale di Unioncamere regionale, con il focus proprio su questo periodo difficile per la nostra economia.

In complesso, le imprese manifatturiere modenesi intervistate tra la fine di aprile e metà maggio hanno dichiarato di essere attive nel 90% dei casi ed il risultato regionale risulta analogo (91%), tuttavia nonostante l’apertura si sono avute notevoli ripercussioni sia sugli ordinativi che sul fatturato.

Infatti ben il 60% delle imprese rimaste aperte ha dichiarato una diminuzione degli ordini maggiore del 20% dall’inizio del lockdown, mentre il 25% di esse ha denunciato un calo fino al 20%, solamente il 12% ha riscontrato ordinativi stabili. Quasi lo stesso andamento si riscontra per il fatturato, dove il 62% di imprese perde più di un 20% delle vendite, mentre il 25 perde fino al 20%.

Vanno molto meglio le imprese esportatrici, infatti tra di esse solamente il 39% denuncia diminuzioni di ordini esteri maggiori al 20%, stessa percentuale per il fatturato estero, mentre la maggioranza (44%) dichiara un ammontare di ordini immutato, che scende al 42% per la variabile del fatturato.

A fronte di questo cambiamento repentino dell’andamento economico ben il 58% delle imprese manifatturiere ha cambiato la struttura organizzativa e il 44% ha apportato delle modifiche nelle modalità di approvvigionamento, produzione e distribuzione dei prodotti.

Nonostante siano rimaste aperte, la maggioranza delle imprese ha ridotto la produzione (91%), il 7% l’ha incrementata, mentre solamente il 3% si è convertito a produrre altri manufatti.

La riduzione generalizzata delle produzioni ha ovviamente creato problemi anche nelle forniture, che nel 57% sono state rallentate e nel 56% addirittura interrotte. A fronte di un tale impatto il 66% delle imprese è ricorsa alla cassa integrazione per i suoi dipendenti, il 31% ha attivato lo smart working, mentre il 12% ha ridotto il numero degli occupati, inoltre il 16% non ha realizzato le assunzioni previste e non ha rinnovato i contratti in scadenza.

Infine per affrontare il futuro il 45% è alla ricerca di nuovi clienti e mercati, il 19% cambierà l’organizzazione del lavoro e il 16% progetterà nuovi prodotti.

L’indagine congiunturale di Unioncamere Emilia-Romagna sull’impatto dell’epidemia sull’economia modenese si è concentrata anche sul settore del commercio. Le imprese appartenenti a questo settore, intervistate tra fine aprile e metà di maggio, hanno dichiarato di essere in attività per il 91% dei casi, mentre a livello regionale tale quota risultava inferiore (85%). Nonostante tutte le imprese con attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità fossero aperte per tutto il periodo, si sono registrate in media sensibili ripercussioni dovute soprattutto all’impatto sulla vendita dei generi non alimentari.

Confrontando l’andamento dell’attività nel periodo del lockdown con i risultati registrati a febbraio, solamente il 15% delle imprese commerciali ha dichiarato di avere avuto ordini immutati, mentre nel 63% dei casi sono calati oltre il 20% e nel 14% fino al 20%. Il fatturato segue un andamento analogo, con il 62% che dichiara una diminuzione di oltre il 20%, il 15% un calo fino al 20%, mentre c’è una quota pari al 14% del totale che ha incrementato le vendite fino al 20%, probabilmente per l’acquisto di dispositivi medico chirurgici e generi alimentari.

Come per il manifatturiero, anche nel commercio hanno un andamento migliore le imprese che vendono all’estero: solamente il 32% di esse dichiara un calo degli ordini superiore al 20%, mentre nel 60% dei casi l’ammontare degli ordini è immutato. Il fatturato verso i paesi esteri è ancor meno negativo, con il 24% delle imprese che dichiara cali maggiori del 20% e il 25% con diminuzioni fino al 20%.

Nel commercio si ferma al 38% la quota di imprese che ha cambiato la struttura organizzativa e del personale, al 31% la percentuale che ha dovuto cambiare le modalità di approvvigionamento e distribuzione, infine per ben il 36% non c’è stato nessun impatto. Comunque l’85% di imprese ha subito una riduzione dell’attività, il 9% ha visto un incremento, mentre solamente il 6% ha convertito la propria attività.

Vi sono state minori ripercussioni anche sulle forniture rispetto al settore manifatturiero, con il 43% delle aziende che ha subito interruzioni, il 44% un rallentamento, mentre un 20% non ha riscontrato differenze.

L’impatto sull’occupazione ha portato all’utilizzo della cassa integrazione nel 49% dei casi, nel 16% si è ridotto l’organico, un quarto di imprese non ha apportato modifiche, mentre molto basso è stato il ricorso allo smart working (6%).

Infine per affrontare la riapertura il 33% di negozi è alla ricerca di nuovi clienti e il 23% cambierà l’organizzazione dell’attività, mentre solamente l’11% inserirà nuovi prodotti.

Alcune domande sono a risposta multipla, pertanto la somma delle quote può non risultare pari a 100.

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