Mirandolexit, dalla Cigl si esprime grande preoccupazione. “Porterà problemi per sanità e servizi sociali”, si legge in una nota a firma di Massimo Tassinari, coordinatore Cgil Area Nord modenese
Dopo l’emergenza virus, ci mancava soltanto una nuova lacerazione al tessuto sociale del nostro territorio, prodotta dalla volontà, ribadita proprio domenica scorsa da parte del Comune di Mirandola, di uscire dall’Unione dei Comuni dell’Area Nord, che dovrà essere votata dal Consiglio comunale già il 15 giugno prossimo.
Una scelta che porterebbe inevitabilmente alla fine dell’esperienza unitaria e che pertanto riteniamo sbagliata e pericolosa, per i danni che può creare ai cittadini del nostro territorio.
Parliamo di una istituzione che ha mostrato molte lacune e necessità di migliorare ancora la propria organizzazione per produrre servizi più efficaci. Vissuta, inizialmente, come un appesantimento burocratico, ma che nel tempo ha garantito risposte socio/sanitarie indispensabili, distribuite equamente, ma sopratutto di qualità per gli anziani, l’infanzia e le persone fragili.
Lo stanziamento di risorse ingenti, oltre 30 milioni di euro l’anno, subirebbe una notevole riduzione con il venir meno dei contributi regionali e ogni Comune dovrebbe trovare risorse proprie, per garantire le stesse prestazioni di oggi, ben sapendo che siamo in presenza di enormi difficoltà economiche in tutto il paese.La nostra preoccupazione va subito agli aumenti delle rette e delle tariffe a carico dei contribuenti, necessari per colmare la mancanza delle cosiddette “economie di scala”, realizzate concentrando le attività.
Ci chiediamo come potrebbero essere realizzati i Piani Sociali di Zona che regolano l’assistenza domiciliare, gli assegni di cura, le microstrutture, i trasporti sociali, gli interventi per la non-autosufficienza, il sostegno alla scuola, i centri estivi e l’edilizia popolare.
La sanità, che oggi non può certo essere pensata a livello comunale, come potrebbe migliorare di fronte ad una nuova spaccatura, fra l’altro a pochi giorni dall’annuncio di una ritrovata intesa fra tutti i Comuni dell’Unione?Quale rilancio del territorio e del tessuto produttivo potrà mai essere realizzato richiudendo nei piccoli confini comunali, la progettualità di cui abbiamo bisogno, per recuperare l’occupazione persa con la pandemia e una preoccupante crescita della povertà?
Stando alle informazioni giornalistiche il piano lanciato dal Sindaco di Mirandola si basa su uno studio che appare addirittura antieconomico e che non convincerebbe neppure l’apparato tecnico interno, per le ripercussioni pratiche che avrebbe sulla tenuta dei servizi comunali.
La scelta risulta ancor più incomprensibile se operata senza un reale coinvolgimento dei cittadini e delle rappresentanze delle associazioni e delle rappresentanze locali, visto che parliamo pur sempre di soldi pubblici.
Nel merito dei dipendenti non nascondiamo una forte preoccupazione legata al tema delle ricollocazioni che dovranno ovviamente essere oggetto di confronto preventivo con le organizzazioni sindacali.
In questo momento non abbiamo proprio bisogno di ritornare alle divisioni “storiche” fra campanili e neppure di alzare i toni del confronto politico.
Invitiamo le amministrazioni ad agire con grande senso di responsabilità istituzionale e a compiere scelte coerenti con l’ascolto dei cittadini, quelle tante persone che chiedono di unire le forze per sviluppare a pieno le potenzialità dell’Unione, investendo sempre più nel potenziamento dei servizi, al solo scopo di migliorare la qualità della vita di tutta la collettività.
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