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“Io sono un animale”. Diario di un sindaco terremotato

da | Mag 20, 2014 | Senza categoria | 0 commenti

Ricordi di un sindaco terremotato, di Filippo Molinari, Medolla

Alle 4.04 del 20 maggio 2012 ho scoperto di essere un animale.
Al primo tremore del letto i miei sensi si sono amplificati: odore di pericolo, senza dubbio.
Poi il boato che sarà parte di me, come le ossa, come il sangue, fino alla fine dei miei giorni.
E, come ogni animale braccato e in pericolo di vita, l’istinto ha guidato ogni mia mossa.
Un balzo a coprire i bimbi, per fortuna dormienti sul mio letto, perché l’armadio e la cassettiera che si spostavano minacciosi non li schiacciassero.
E poi le urla e il pianto di mia moglie, oddio oddioooo il terremotoooo, mentre tutto cadeva a terra in frantumi e pareva di decollare per un viaggio non voluto.
E poi, in un istante eterno, la consapevolezza che tutto era finito. I sogni, il futuro, le dolcezze e le asprezze quotidiane: mentre tutto tremava e pareva crollare, mi sono detto che era finita.
Ma, subito dopo, insieme alla vampata animale dell’adrenalina che sale e ti spinge ad autoconservarti, uno strano calore mi ha invaso.
Il calore dell’amore, perché quello non finiva, era li con me, mia moglie adorata, i miei figli parte di me: si, mi sono detto, è tutto finito, moriamo qui, insieme, ma questo amore non muore, va oltre.
E dalla paura sono tornato lucido, per miracolo, un miracolo d’amore.
Così, quando quegli interminabili venti secondi di terremoto magnitudo 5.9 sono finiti e ho detto a mia moglie di prendere i bimbi ed uscire più in fretta che poteva, l’animale mi ha lasciato ed è entrato in scena il sindaco.
Non so come, con calma, ho sceso i tre piani di scale, ho messo al sicuro la mia famiglia in esterni e sono partito, in macchina, a vedere il disastro dei crolli, delle crepe, delle ferite della mia comunità.
Ma, insieme al pianto, insieme al dolore immediato, quel calore che mi ha salvato si è fatto desiderio di aiuto, spinta a darsi, ad esserci, ad agire.
E’ iniziata così l’avventura più incredibile, surreale, tragica, comica, delirante della mia vita.
Gestire i postumi di un terremoto, così, in pochi secondi, è come infilare la testa in un imbuto sperando che passi dall’estremità più stretta: questione di fede, senza dubbio.
Fede nelle persone e nella loro capacità di reagire ed essere solidali.
Fede nelle tue forze, che non sai mai se ci sono finchè non ne hai bisogno.
Fede nella vita e nell’amore, che, ora lo so, vincono sempre, davvero, anche se suona retorico è così: al dolore non si scampa, l’unica via d’uscita è passarci in mezzo. E ci passi se credi, se senti e se, infine, sai che la vita e l’amore hanno la meglio.

Io sono qui, sono arrivato a questa conclusione. Ma il cammino non è e non è stato semplice.

(Una piccola confessione personale, dedicata a tutti quelli che stanno ancora cercandosi dopo la paura, il dolore, i danni materiali ed immateriali.
Non siete, non siamo soli.)”

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