Matteo Richetti ha sciolto le riserve e ha annunciato via Facebook la sua candidatura alle primarie del Partito Democratico per scegliere chi candidare come successore di Vasco Errani alla presidenza della nostra Regione.
Richetti, renziano della prima ora, va così ad aggiungere la sua pesantissima candidatura a quelle di Palma Costi e dei professori Bianchi e Balzoni e di altri politici che hanno dato fin da subito la propria disponibilità alla corsa come Simonetta Saliera. Decisione, quella di Richetti, presa dopo che fino all’ultimo si è tentata la quadra sul nome di Daniele Manca, che però non ha incontrato il consenso di varie parti del Pd.
Cosa accadrà adesso? Due scenari: si evita la guerra fratricida che porterebbe alla conta delle varie anime del Pd regionale, o si converge tutti su Richetti, ex presidente dell’assemblea legislativa regionale, ora deputato.
Oppure si va a al testa a testa, dove a questo punto è atteso anche l’altro candidato di peso Stefano Bonaccini che ancora non scioglie le riserve.
Ma ecco cosa scrive Ricehtti nelal sua candidatura presentata (in plurale maiestatis, sic) su Facebook:
“Abbiamo deciso. Ci candidiamo a guidare la nostra Regione per i prossimi 5 anni. Sarà una scommessa con un filo conduttore: nessuna occasione deve andare perduta. Si, ma non sarà una campagna sul contrasto allo spreco materiale, sarà un progetto preciso per fare dell’Emilia Romagna la terra delle opportunità. Perché ciò che ci deve far paura di questo tempo è ciò che rischiamo di perdere. Un’idea, un desiderio, la voglia di investire, la voglia di aiutare. Niente deve andare perduto. Perché se l’Emilia Romagna è quello che è che, lo si deve a chi non ha rinunciato a dare forma ai propri sogni, a realizzare le proprie idee, a inventare, a intraprendere. La prima grande rivoluzione sarà questa: la dimensione pubblica non può in nessun modo ostacolare qualcosa che contiene in sé opportunità per la comunità. La burocrazia non deve fermare ciò che fa crescere (a patto che non crei un danno all’interesse generale, ovviamente).
L’Emilia Romagna e’ tra le regioni meglio amministrate d’Italia. In questi anni abbiamo dimostrato che si può sviluppare capacità economica e opportunità di lavoro senza sacrificare i diritti delle persone. E senza dimenticarsi dei bisogni dei più deboli. Se restiamo fermi questo patrimonio rischia di essere disperso. E non possiamo nemmeno permetterci di preservarlo mettendoci sulla difensiva, pensando di conservare la situazione attuale attraverso leggi e provvedimenti che ingabbiano il presente. Per questo cambiare’ un imperativo. Cambiare per continuare a essere grandi. Se gli indicatori ci descrivono ancora come una Regione dalle importanti performances non possiamo ignorare che questo avviene in una situazione di complessivo deterioramento delle condizioni del Paese. Insomma la crisi ha colpito e colpisce anche qui, soprattutto qui. E le generazioni che verranno non meritano di trovare una società con meno opportunità. Per questo l’idea d’innovazione non è qualcosa di astratto, ma la capacità di produrre politiche in grado di non disperdere nemmeno una goccia della voglia di fare, di scommettere, di investire, di aiutare, di creare. Insomma di fare ciò per cui il mondo ci conosce.
Si apre una fase nuova e la deve guidare un gruppo dirigente nuovo. Al quale chiediamo il coraggio e la generosità dei nostri padri. Ma deve essere la nostra.
Crediamo che speranza e futuro non possano essere fumose idee alle quali appendere un vago sentimento di fiducia ma il quotidiano e costante impegno in un presente capace di generare bene comune.
Ci rifaremo a un principio costituzionale: quello dell’appropriatezza. Cioè politiche pubbliche che rispondono ai bisogni, non ad altre logiche.
Completeremo il processo di separazione tra indirizzo e gestione dei servizi pubblici locali che non può rimanere in mezzo al guado, orienteremo la spesa sanitaria verso la cura piuttosto che verso l’amministrazione dei servizi, costruiremo un sistema del sapere che restituisce pari dignità ai diversi percorsi formativi. L’abbandono scolastico riguarda l’interruzione di un percorso fatto di talento e aspirazione non la relazione con un istituto. E ridare valore alla formazione, al saper fare, al “genio manifatturiero” è fondamentale per non disperdere un tratto distintivo dell’Emilia Romagna nel mondo. Rafforzeremo nel mondo l’idea legata alla nostra ospitalità e allargheremo la nostra capacità di attrarre persone e interessi investendo nella trasformazione dell’offerta turistica. Faremo della nostra Regione la più grande smart city d’Europa con un piano puntuale elaborato con i sindaci per sostenere progetti che non rendano solo più intelligenti le città ma che rendano più semplice la vita dei cittadini. E una vera e propria alleanza con le imprese e il lavoro. Non c’è un minuto da perdere. Nei prossimi trenta giorni batteremo azienda per azienda, ascoltando, raccogliendo tutto ciò che oggi è d’impedimento alla crescita e al lavoro, fino a programmare azione puntuali per togliere “ganasce” ad un sistema che ha potenzialità enormi.
Sappiamo che serve coraggio e intelligenza. E serve la passione di tanti. Tantissimi. Se nessuna buona idea deve andare perduta cominceremo noi per primi: apriremo immediatamente la possibilità per tutti di contribuire al progetto. Pensiamo soprattutto ai tanti giovani sfiduciati dalla dimensione pubblica e politica del nostro paese: non rinunciate e non rinunciamo a cambiare ciò che non va!
Perché la prima cosa da non sprecare è questa occasione, la nostra occasione. Alla quale dobbiamo dare valore, ricordandoci chi siamo.
Noi siamo l’Emilia Romagna. Grandi perché diamo valore.
Da solo non sono all’altezza. Noi, insieme, si”