Un’importante scoperta scientifica condotta da ricercatori Unimore, in collaborazione con colleghi svedesi e statunitensi, è destinata a far compiere decisivi progressi per quanto riguarda una terribile patologia, il carcinoma renale a cellule chiare. Lo rende noto un comunicato dell’Università.
Il gruppo di ricercatori del Laboratorio di Biochimica e Glicobiologia del Dipartimento di Scienze della Vita, coordinato dal prof. Nicola Volpi, ha individuato un biomarcatore sensibile e specifico nel rilevamento del carcinoma, minimamente invasivo, che consentirà la diagnosi precoce, la previsione e la sorveglianza delle recidive in questa forma di cancro.
Lo studio, iniziato nel 2016 e concluso nel 2018, vede protagonisti il gruppo di ricerca del Laboratorio di Biochimica e Glicobiologia del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, costituito dalla dott.ssa Francesca Maccari, dal dott. Fabio Galeotti, dalla dott.ssa Veronica Mantovani e dalla dott.ssa Federica Capitani e coordinato dal prof. Nicola Volpi.
Lo studio, per la sua rilevanza scientifica, ha raccolto l’interesse dell’importante rivista europea di oncologia urologica “European Urology Oncology”, edita dall’Associazione Europea di Urologi, che ha pubblicato i risultati della ricerca dedicandogli un articolo intitolato “Plasma Glycosaminoglycans as Diagnostic and Prognostic Biomarkers in Surgically Treated Renal Cell Carcinoma” (I glicosaminoglicani plasmatici come biomarcatori diagnostici e prognostici nel carcinoma renale a cellule chiare trattato chirurgicamente).
“Il nostro studio – precisa il prof. Nicola Volpi di Unimore – riporta la possibilità di usare i glicosaminoglicani circolanti nel plasma, biomolecole molto complesse dal punto di vista della struttura, per diagnosticare accuratamente la presenza di carcinoma renale metastatico a cellule chiare. Inoltre, la presenza di queste molecole correla con la prognosi di questa forma tumorale e quindi con il probabile andamento della malattia dopo trattamento chirurgico”.
Il carcinoma renale a cellule chiare è la forma più comune di cancro al rene ed è il nono tipo di cancro più frequente nel mondo occidentale producendo circa 90.000 morti a livello globale ogni anno. Ad oggi, non esiste possibilità di diagnosticare precocemente questo tipo di cancro che è in gran parte asintomatico. Inoltre, si stima che al momento della diagnosi il 20-40% di tutti i casi siano già allo stadio metastatico, che è considerato invariabilmente incurabile. Il trattamento chirurgo viene generalmente effettuato su pazienti non metastatici. Tuttavia, circa il 20% di tutti questi casi manifesta recidiva entro 5 anni dall’intervento chirurgico, presentando metastasi con ulteriori cure limitate.
In questo studio, i ricercatori modenesi hanno valutato se i glicosaminoglicani plasmatici possono rappresentare un marker sensibile e specifico nel rilevamento del carcinoma renale a cellule chiare e se sono in grado di rilevare il carcinoma nelle fasi iniziali, oltre che prevedere la sua recidiva dopo intervento chirurgico.
Lo studio è stato effettuato in conformità con le linee guida STARD e REMARK e registrato con numero NCT03471897 su ClinicalTrial.gov. In totale sono stati arruolati 218 pazienti affetti da cancro al rene a cellule chiare prima dell’operazione e dopo trattamento chirurgico. Dopo esclusione dei soggetti non rispondenti ai criteri di selezione, sono stati inclusi nello studio 194 pazienti.
“I risultati ottenuti – conclude il prof. Nicola Volpi di Unimore – dimostrano che i glicosaminoglicani sono biomarcatori diagnostici e prognostici altamente sensibili in grado di garantire la diagnosi precoce, la previsione e la sorveglianza delle recidive in questa forma di cancro”.
Questo studio segue un primo lavoro dal titolo “Glycosaminoglycan Profiling in Patients’ Plasma and Urine Predicts the Occurrence of Metastatic Clear Cell Renal Cell Carcinoma” pubblicato nel 2016 sulla prestigiosa rivista Cell Reports.
La determinazione dei glicosaminoglicani plasmatici sviluppata nel Laboratorio di Biochimica e Glicobiologia del Dipartimento di Scienze della Vita, sta permettendo al dott. Francesco Gatto, che attualmente lavora alla Chalmers University of Technology di Göteborg (Svezia), primo autore del lavoro, di sviluppare un test diagnostico in grado di individuare precocemente vari tipi di cancro e di predirne l’evoluzione con l’obiettivo di curarli nelle prime fasi quando i trattamenti disponibili sono più efficaci.
Questi studi sono valsi al dott. Francesco Gatto l’importante riconoscimento “Innovators under 35 Europe 2018” da parte della rivista MIT Technology Review.