Alcune società moderne, che rientrano tra quelle a capitalismo avanzato, per intenderci, hanno la tendenza alla deresponsabilizzazione. Non esistono colpe. Assistiamo quotidianamente alla perdita del controllo della gestione della “cosa pubblica”, con evidenti sprechi e ruberie, che hanno un peso economico sostanziale, causa dell’impoverimento di una grande parte del Paese, e non esistono responsabili. Per lo meno, esistono, hanno delle cariche pubbliche, hanno delle facce, ma, a quanto pare, non hanno responsabilità. Negli anni, soprattutto la casta della politica, ha messo in piedi un fenomenale, ed efficiente, meccanismo di “scaricabarile” che funziona alla perfezione.
Ma da dove nasce tutto questo?
Se non lo considerassimo un problema che interessa tutti indistintamente, fatta eccezione per i nostri piccoli ospiti (intendo i nostri bambini), rientreremmo pienamente nel meccanismo sopracitato. La tendenza alla deresponsabilizzazione, infatti, riguarda tutti noi. Ogni qualvolta posteggiamo la nostra auto in un posto riservato ai disabili, ogni qualvolta fumiamo in un luogo pubblico, ogni qualvolta saltiamo una coda, ogni qualvolta gettiamo una lattina di birra dal finestrino della nostra auto in fuga, ebbene, in quei momenti, non stiamo rispettando delle semplici regole di convivenza civile, non ci stiamo assumendo delle responsabilità.
L’Italia sta attraversando un periodo di grande crisi. Una crisi, abbiamo detto più volte, che viene da (molto) lontano. Una crisi che trova radici profonde in quanto sopra descritto, cioè nella quasi fisica incapacità a responsabilizzarsi, e quindi ad occuparsi di ciò che ci accade intorno, e quindi nella difficoltà a comprendere, e conoscere, il nostro Paese.
I risultati di una ricerca
E’ quanto emerge da una ricerca dal titolo “I pericoli della percezione” svolta di recente da IPSOS (www.ipsos.it), una società di ricerche di mercato “survey based”.
Secondo tale ricerca, infatti, risulta che l’Italia è il Paese più ignorante al mondo.
La ricerca ha interessato 14 Paesi, dall’Australia al Canada, dal Giappone alla Corea del Sud, dalla Spagna alla Svezia, su un campione di 1000 persone per ciascun Paese (500 per Belgio, Polonia, Svezia, Ungheria e Corea del Sud), di età compresa tra i 16 e i 64 anni.
La ricerca evidenzia in sostanza una visione scorretta della realtà, basata più su pregiudizi che su fatti reali.
L’Italia è prima in classifica, seguita a ruota dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud, rispettivamente al secondo e terzo posto. I virtuosi, coloro che si posizionano agli ultimi posti (i meno ignoranti) sono giapponesi, tedeschi e svedesi.
Luca Comodo, direttore della Divisione politico-sociale di IPSOS non si stupisce. Un Paese che non legge e che utilizza male il web, non può essere informato, afferma in sostanza.
Il risultato è scontato: si tende ad enfatizzare i fenomeni che ci fanno più paura, quelli di cui si sente più parlare più spesso, complice anche un giornalismo sensazionalista, più attento agli “effetti speciali” che alla descrizione della realtà. Così gli italiani pensano che gli immigrati rappresentino il 30% dell’intera popolazione, mentre il dato reale si ferma al 7%.
Stesso dicasi per quanto riguarda la disoccupazione in Italia. Gli intervistati pensano che il 49% degli italiani sia senza lavoro (un dato che dal punto di vista economico/sociale sarebbe insostenibile), mentre invece il tasso di disoccupazione è del 12% (comunque problematico).
Dalla ricerca viene fuori l’immagine di un Paese arretrato e in difficoltà a comprendere le dinamiche che sono alla base della società attuale. Il rischio è alto. Si rischia la chiusura, l’autoesclusione e quindi la capacità di affrontare il futuro. Se ci riflettiamo bene, è ciò che sta accadendo all’Italia in questo periodo difficile. Come abbiamo detto all’inizio dell’articolo, un problema che viene da lontano.
* Andrea Lodi, originario di San Prospero (Mo) è aziendalista, specializzato in Pianificazione Strategica. Docente e consulente per conto di imprese private, enti di formazione, associazioni di categoria, organizzazioni NO PROFIT, società di consulenza ed università. Giornalista economico, dal gennaio 2009 curo “Economix“, la rubrica economica di PiacenzaSera.it.
Articolo tratto da Economix, rubrica economica di PiacenzaSera.it