Un intervento raro di chirurgia oncologica è stato eseguito al policlinico di Modena su una 14enne, con un tumore al colon. A distanza di un anno la ragazza, italiana e residente in un’altra regione, ha potuto riprendere una vita normale, libera dalla malattia.
L’intervento di “cito-riduzione chirurgica associata a chemio-ipertermia intraperitoneale (Hipec)” è il quinto caso al mondo su pazienti under 18, il primo in Italia su paziente pediatrica, ed è stato eseguito dall’equipe di Chirurgia Generale d’Urgenza e Oncologica del Policlinico, diretta dalla prof.ssa Roberta Gelmini, insieme a quella di Chirurgia Pediatrica, diretta da dottor Pier Luca Ceccarelli.
La paziente era giunta a Modena nel 2016, seguita dall’Oncoematologia Pediatrica del Policlinico, diretta dal prof. Lorenzo Iughetti, per intervento di exeresi radicale di un carcinoma del colon destroseguito da cicli di chemioterapia con remissione della patologia. A distanza di un anno dall’intervento la paziente ha presentato una recidiva della neoplasia localizzata ad entrambe le ovaie con estensione anche al peritoneo.
“La carcinosi peritoneale – spiega la prof.ssa Roberta Gelmini– colpisce il peritoneo, cioè la membrana che ricopre e racchiude i visceri e gli organi dell’addome. Può essere primitivo oppure, come in questo caso, legato alle metastasi di un altro carcinoma. Il peritoneo è poco sensibile alla chemioterapia in quanto scarsamente irrorato dai vasi sanguigni che trasportano il farmaco. Per questo motivo in molti casi, quindi, la prognosi di questo carcinoma, in assenza di rimozione chirurgica, è davvero infausta.”
Il peritoneo è una membrana sottile la cui rimozione è chirurgicamente molto complessa perché essa è collegata agli organi che avvolge.
“Su un paziente pediatrico– spiega il dottor Pier Luca Ceccarelli– questo tipo di intervento è decisamente eccezionale, sia per la rarità delle indicazioni (le casistiche internazionali pubblicate lo dimostrano chiaramente), sia perché questa, come altre metodiche, ad oggi non fa parte del classico bagaglio tecnico-professionale del chirurgo pediatra: ma presso la nostra Azienda, ormai da alcuni anni, si è consolidata un’importante collaborazione con l’equipe della Chirurgia generale, determinando una forte sinergia assistenziale su particolari casi pediatrici, che permette il raggiungimento di risultati come questo”.
“La paziente– aggiunge la dottoressa Monica Cellini, referente per l’Oncoematologia Pediatrica – aveva risposto bene sia alla terapia medica sia a quella chirurgica ed era ritornata a casa dopo 9 mesi. Purtroppo, dopo un anno di follow-up, nel novembre 2017, la paziente ha sviluppato una recidiva che ha colpito le ovaie, consigliando un nuovo intervento chirurgico.”
“Quando abbiamo effettuato l’asportazione delle ovaie – ha precisato il dottor Ceccarelli– svolta questa volta con la chirurgia tradizionale, ci siamo resi conto che le metastasi avevano colpito il peritoneo. A questo punto, ci trovavamo in una situazione sfavorevole, che, a fronte oltretutto di una casistica limitatissima a livello mondiale, presentava una prognosi infausta a breve termine con i “tradizionali” protocolli terapeutici oncologici pediatrici. La collaborazione con i chirurghi generali ci ha consentito di affrontare questo caso, davvero difficile, in un’ottica nuova, futuribile, multidisciplinare e prospettare quindi una soluzione chirurgica al problema, per nulla scontata nell’adulto e davvero di frontiera nel paziente pediatrico”.
Questo tipo di interventi molto complesso anche dal punto di vista anestesiologico. “La gestione anestesiologica di questo tipo di intervento– ha commentato il prof. Massimo Girardis, Direttore dell’Anestesia e Rianimazione 1 del Policlinico – è paragonabile a quella di un trapianto d’organo. Essa richiede monitoraggi cardio-respiratori di secondo livello ed una specifica gestione post-operatoria in terapia intensiva per prevenire o trattare le possibili complicanze determinate da un intervento complesso come cito-riduzione chirurgica associata a chemio-ipertermia intraperitoneale. Tutto questo diventa ancora più specifico e delicato se parliamo di pazienti pediatrici”.
“Da quando abbiamo iniziato questa chirurgia nel 2016 – ha concluso la prof.ssa Gelmini– abbiamo operato 30 pazienti: di questi in 25 si è ottenuta una completa citoriduzione. In una paziente di quattordici anni, questo intervento ha presentato una serie di problematiche, relative al dosaggio dei farmaci da utilizzare, al protocollo anestesiologico e più complessivamente alla gestione intra e postoperatoria legate alla giovane età della Paziente ed al difficile percorso terapeutico, che sono state brillantemente risolte grazie alla fattiva collaborazione di tutti i professionisti coinvolti. Il decorso operatorio è andato benissimo, la giovane è stata dimessa 14 giorni dopo l’intervento e ha ricominciato una vita normale. Dopo un anno, è senza malattia e questo è un risultato eccezionale, soprattutto perché non vi sono state complicanze post-operatorie e siamo riusciti ad assicurare alla paziente un’ottima qualità di vita, in un quadro clinico di partenza decisamente compromesso.”
La paziente dovrà sottoporsi a controlli periodici e non si potrà considerare guarita sino a quando non saranno trascorsi almeno cinque anni senza l’insorgenza di recidive.